19 settembre 1943
Il 19 settembre avviene a Boves il primo scontro armato della RESISTENZA. Due tedeschi di passaggio si lasciano catturare, dopo di che arrivano mezzi cingolati da Cuneo e, a Castellar, il capitano Ignazio Vian spara l’unico colpo di cannone a sua disposizione. Durante lo scontro cadono un tedesco e un partigiano. Da Boves il comandante PEIPER manda due ambasciatori ai partigiani per farsi restituire i prigionieri e il caduto; se falliscono il paese sarà bruciato. I due volontari (il Parroco don GIUSEPPE BERNARDI e l’Industriale ANTONIO VASSALLO) concludono la missione, ma i tedeschi per motivazioni ormai impossibili da chiarire, forse per dare un esempio, effettuano ugualmente una feroce rappresaglia. Bruciano il paese e uccidono gli uomini che trovano. Il bilancio è gravissimo: 350 case incendiate e 25 morti, di cui 21 civili. I due ambasciatori vengono trovati solo nei giorni seguenti, carbonizzati.
Joakin Peiper sarà processato nel dopoguerra in Germania per questi ed altri crimini di guerra, ma verrà assolto. Nel 1976 in Francia, brucerà di notte la villa dove egli abita solo. All’interno troveranno un corpo carbonizzato e irriconoscibile.
Ma torniamo a Boves. I partigiani si riorganizzano in Valle Colla e molestano i nazifascisti. La popolazione trema ad ogni imboscata tesa alle truppe di occupazione, e queste tornano in grandi forze il 31 dicembre, combattendo sino al 3 gennaio contro i partigiani che alla fine lasciano le posizioni. Essi comprendono che gli scontri frontali contro un nemico ben organizzato, che può disporre di qualunque arma compresi gli aerei, non si addicono ai loro scopi. Meglio la guerriglia: colpire e fuggire, cosa che i Tedeschi considerano banditismo, atti proditorii da punire con rappresaglie, secondo ordini e regole precise.
Intanto le 4 giornate di Boves sono costate care ai bovesani 500 case incendiate 68 caduti compresi partigiani e civili.
Dopo la pausa invernale si riformano sulle pendici della Bisalta due brigate, una garibaldina e l’altra “Giustizia e libertà”: ricominciano a molestare i nazifascisti, che tornano più volte ad attaccarli. Lo stillicidio di morti, combattenti o civili, continua.
Poi il giorno di ognissanti, un fatto clamoroso. I partigiani (non di Boves) mettono una bomba sulla ferrovia Cuneo - Boves, dove sta per passare un treno carico di tedeschi. Due di questi muoiono, altri dieci corpi straziati sono di cittadini inermi, uomini e donne, alcuni di Boves. I fascisti fucileranno su quei binari due patrioti bovesani non responsabili del fatto.
E’ la ferrea legge della guerra. Vendette e rappresaglie si compiono spesso alla cieca su chiunque sta (o si presume che stia) dalla parte avversaria. Ma a volte sono cittadini completamente innocenti a pagare. La regola “dieci italiani per un tedesco” viene tristemente sperimentata anche a Boves. A guerra già finita.
IL 26 Aprile 1945 il paese è già “Liberato” e imbandierato a festa. Nessuno rammenta che nella notte sta per transitare l’ultima colonna tedesca in ritirata. Nei pressi della stazione le vedette partigiane, intimato invano l’alt, sparano e uccidono il comandante. I tedeschi compiono l’ultima rappresaglia: strappano in piena notte dalle case sette uomini e li massacrano nell’attuale via Martiri tra le grida dei familiari. In piazza Italia falciano con raffiche due partigiani ignari del loro arrivo. Finiva in un bagno di sangue, così com’era cominciata, la Resistenza a Boves. Il paese aveva pagato un triste contributo di vite umane, oltreché con rovine, terrore e disagi d’ogni genere.
Il numero dei morti nel fronte di liberazione fu calcolato in circa 185 vittime, comprendendo combattenti e civili bovesani morti a Boves, forestieri morti a Boves, bovesani morti altrove.
La cifra non comprende le vittime del fronte avversario: una stima di cento persone è forse inferiore alla realtà.
Per il suo sacrificio Boves ha conseguito il titolo di città, oltre le medaglie d’oro sia al Valor Civile sia al Valor Militare. Ma soprattutto, dal suo martirio è sbocciata una speranza: Boves si è votata alla PACE. E’ sorto un apposito Assessorato, una scuola specifica; hanno anche assegnato ad essa il premio internazionale “artigiano della pace” Boves merita davvero il titolo di capoluogo di pace”.
E’ forse la memoria viva di quegli ultimi eventi che spingerà ’Amministrazione Comunale a creare nel 1984 una “Scuola di Pace” e ad attribuirsi il legittimo titolo di “Capoluogo di Pace”.
Joakin Peiper sarà processato nel dopoguerra in Germania per questi ed altri crimini di guerra, ma verrà assolto. Nel 1976 in Francia, brucerà di notte la villa dove egli abita solo. All’interno troveranno un corpo carbonizzato e irriconoscibile.
Ma torniamo a Boves. I partigiani si riorganizzano in Valle Colla e molestano i nazifascisti. La popolazione trema ad ogni imboscata tesa alle truppe di occupazione, e queste tornano in grandi forze il 31 dicembre, combattendo sino al 3 gennaio contro i partigiani che alla fine lasciano le posizioni. Essi comprendono che gli scontri frontali contro un nemico ben organizzato, che può disporre di qualunque arma compresi gli aerei, non si addicono ai loro scopi. Meglio la guerriglia: colpire e fuggire, cosa che i Tedeschi considerano banditismo, atti proditorii da punire con rappresaglie, secondo ordini e regole precise.
Intanto le 4 giornate di Boves sono costate care ai bovesani 500 case incendiate 68 caduti compresi partigiani e civili.
Dopo la pausa invernale si riformano sulle pendici della Bisalta due brigate, una garibaldina e l’altra “Giustizia e libertà”: ricominciano a molestare i nazifascisti, che tornano più volte ad attaccarli. Lo stillicidio di morti, combattenti o civili, continua.
Poi il giorno di ognissanti, un fatto clamoroso. I partigiani (non di Boves) mettono una bomba sulla ferrovia Cuneo - Boves, dove sta per passare un treno carico di tedeschi. Due di questi muoiono, altri dieci corpi straziati sono di cittadini inermi, uomini e donne, alcuni di Boves. I fascisti fucileranno su quei binari due patrioti bovesani non responsabili del fatto.
E’ la ferrea legge della guerra. Vendette e rappresaglie si compiono spesso alla cieca su chiunque sta (o si presume che stia) dalla parte avversaria. Ma a volte sono cittadini completamente innocenti a pagare. La regola “dieci italiani per un tedesco” viene tristemente sperimentata anche a Boves. A guerra già finita.
IL 26 Aprile 1945 il paese è già “Liberato” e imbandierato a festa. Nessuno rammenta che nella notte sta per transitare l’ultima colonna tedesca in ritirata. Nei pressi della stazione le vedette partigiane, intimato invano l’alt, sparano e uccidono il comandante. I tedeschi compiono l’ultima rappresaglia: strappano in piena notte dalle case sette uomini e li massacrano nell’attuale via Martiri tra le grida dei familiari. In piazza Italia falciano con raffiche due partigiani ignari del loro arrivo. Finiva in un bagno di sangue, così com’era cominciata, la Resistenza a Boves. Il paese aveva pagato un triste contributo di vite umane, oltreché con rovine, terrore e disagi d’ogni genere.
Il numero dei morti nel fronte di liberazione fu calcolato in circa 185 vittime, comprendendo combattenti e civili bovesani morti a Boves, forestieri morti a Boves, bovesani morti altrove.
La cifra non comprende le vittime del fronte avversario: una stima di cento persone è forse inferiore alla realtà.
Per il suo sacrificio Boves ha conseguito il titolo di città, oltre le medaglie d’oro sia al Valor Civile sia al Valor Militare. Ma soprattutto, dal suo martirio è sbocciata una speranza: Boves si è votata alla PACE. E’ sorto un apposito Assessorato, una scuola specifica; hanno anche assegnato ad essa il premio internazionale “artigiano della pace” Boves merita davvero il titolo di capoluogo di pace”.
E’ forse la memoria viva di quegli ultimi eventi che spingerà ’Amministrazione Comunale a creare nel 1984 una “Scuola di Pace” e ad attribuirsi il legittimo titolo di “Capoluogo di Pace”.
La Resistenza
Proprio nella giornata del 16 settembre il Maggiore delle SS Joachim Peiper si presenta a Boves per individuare la localizzazione di quelli che definisce “banditi”.
Intanto, rapidamente, il Tenente Ignazio Vian ha incominciato a organizzare i primi nuclei partigiani: saranno loro a intercettare e a fare prigionieri due tedeschi, la mattina del 19 settembre 1943.
Peiper è di nuovo a Boves: impone al Parroco Don Giuseppe Bernardi e all’industriale Antonio Vassallo di trattare la restituzione dei prigionieri.
Ma prima che questi ritornino dalla loro missione che,pienamente compiuta, le SS sono già pronte a colpire.
Nel primo pomeriggio divampano i primi incendi.
“I pochi testimoni oculari - soltanto alcune donne rimaste in paese - riferirono, allora, che la piazza e le vie d’accesso ad essa, furono teatro di un forsennato carosello di motosidecar, da cui sistematicamente partivano raffiche di armi automatiche per seminare il panico, sia per colpire coloro (soprattutto menomati fisici ed anziani) che, troppo tardi, cercavano di allontanarsi dai punti ove più infuriava la follia sanguinaria dei nazisti.
Il 19 settembre 1943 Boves brucia ! Don Bernardi e Antonio Vassallo si offrono come ostaggio per salvare Boves. I due parlamentari, tornati con i prigionieri, vengono malmenati , assassinati e i loro corpi bruciati. 350 case di Boves sono incendiate, si contano 23 caduti, 5 partigiani e 18 civili.
I tedeschi torneranno a Boves il 31 dicembre 1943, 1-2-3 gennaio 1944 quando ormai le bande partigiane si sono rafforzate; e saranno quattro giorni di nuove distruzioni: 350 case incendiate, i caduti sono 60 (uno non identificato ufficialmente) 18 partigiani e 42 civili.
Il 27 aprile del 1945, già in ritirata, i tedeschi, uccisero 9 persone prelevate dalle case , strappate dalle braccia delle moglie e dei figli .
Alla fine della guerra si contarono tra partigiani e civili 185 vittime.
Questo sarà il prezzo pagato da Boves, città martire della Resistenza, con due medaglie d’oro: al Valor Civile e al Valor Militare.
E’ forse la memoria viva di quegli ultimi eventi che spingerà ’Amministrazione Comunale a creare nel 1984 una “Scuola di Pace” e ad attribuirsi il legittimo titolo di “Capoluogo di Pace”.
A questa pagina potrete trovare una copiosa documentazione riguardo a:
diari testimonianze personaggi
CRONOLOGIA
Dall’8 al 18 settembre 1943
8-11 settembre 1943
Provenienti dalla Francia passano intere colonne di sbandati della IV armata che unitamente ai militari di servizio nelle caserme vicino a Boves, non cercano altro che mettersi in borghese per raggiungere le proprie famiglie.
Domenica 12 settembre
I tedeschi sono giunti a Cuneo bloccando la stazione ferroviaria e arrestando tutti i militari ancora in divisa. Questo costringe gli sbandati a fermarsi nei paesi come Borgo S. Dalmazzo, Boves, Peveragno e in Val Vermenagna per non cadere nelle mani dei tedeschi.
lunedì 13 settembre
I tedeschi da Cuneo, con manifesti murali e volantini buttati dalle “cicogne” invitano gli ex militari del Regio Esercito Italiano a presentarsi come prigionieri nelle loro mani per essere inviati nei campi di concentramento. A Boves, queste notizie suscitano nei giovani e nei militari, un profondo senso di ribellione e di rabbia e provocano una salita in massa verso la montagna.
Martedì 14 settembre
Circa un migliaio di bovesani soggetti ad obblighi militari e di sbandati della IV armata si concentrano nella Val Colla specie tra Castellar e S.Giacomo.
Mercoledì 15 settembre
Gli sbandati cominciano a essere chiamati ribelli e in numero sempre crescente portano a Castellar e a S. Giacomo centinaia di automezzi, di armi collettive ed individuali, mitragliatrici e cannoni e poi viveri, vestiario e tutto ciò che può necessitare ad un vero e proprio esercito.
Il più alto in grado, tra gli ufficiali presenti, è il Maggiore dei Bersaglieri chiamato Toscano che assume il comando della formazione.
Vi sono decine di ufficiali di complemento tra cui Ignazio Vian, Renato Aimo, Giuliano Bartolomeo, Giulio Corbelletti, Mario Venegoni, Enzo Bramardi.
Giovedì 16 settembre
I tedeschi comandati dal Maggiore Peiper Comandante del III Battaglione, del 2° Reggimento della Divisione Leibstandarte SS Adolf Hitler, in persona giungono a verso le 8,30 a Boves.
Occupano il Municipio, si fanno consegnare dal geometra Daniele Attilio le carte al 25.000 della zona, costringendo il Commissario Prefettizio Alessandro Gastinelli a convocare 300 capi famiglia per le ore 11 in Piazza Italia., ai quali il Comandante Peiper, comanda di salire in montagna per fare opera di convincimento sugli sbandati affinché si presentino al comando tedesco, (pena la distruzione del paese).
Intere famiglie bovesane per timore di rappresaglie trascorrono la notte nelle frazioni di campagna: S.Anna, Mellana, S. Mauro.
Venerdi 17 settembre
La giornata trascorre abbastanza calma tanto che le famiglie decidono di rientrare in paese visto che i tedeschi non hanno messo in atto le loro minacce, anche se nessun militare sbandato si è presentato.
Sabato 18 settembre
Calma apparente in tutto il bovesano. Qualcuno molto informato riesce però da Cuneo a comunicare a S. Giacomo una notizia inviata dal Maggiore Toscano che mette in allarme tutta la vallata.
“Accrescete la vigilanza probabile domani il nemico risalga la Valle”,
19 settembre 1943 eccidio di Boves
(testimonianza del partigiano Faustino Dalmazzo)
“Era un giorno di domenica……..
Il Maggiore Peiper, con perfida astuzia, manda due soldati tedeschi sulla piazza principale di Boves, nella certezza che verranno uccisi o fatti prigionieri dai Partigiani, per creare il “casus belli” e poi piomba coi suoi carri armati sul paese.
Manda poi due ambasciatori (Don Giuseppe Bernardi Parroco di Boves e l’industriale Antonio Vassallo, medaglie d’oro al Valor Civile) per fare restituire i due prigionieri e quindi, a restituzione avvenuta, mancando alla parola data, li finisce a colpi di pistola e ne brucia i cadaveri con i lanciafiamme.
Sguinzaglia poi le sue truppe che massacrano 45 civili, (tra i quali il sedicenne Re Benvenuto, e il Vice Curato Don Mario Ghibaudo, medaglia d’argento al Valor Civile) e incendia 350 case.
Cade il primo partigiano, un certo Burlando, marinaio di Genova, non meglio conosciuto….
Nel capoluogo e nelle tre frazioni più colpite, vengono contate 350 case incendiate e centinaia di bovini uccisi.”
Il 19 settembre vengono uccisi cinque partigiani e 18 civili.
Cronologia eccidio
Ore 11
Secondo varie testimonianze, tra cui quelle del capo stazione FF.SS. del tempo sig. Artusio, viene avvistata una macchina ferma con due tedeschi in Piazza Italia nei pressi del Municipio. La macchina aveva una gomma a terra e i due tedeschi mangiavano del pane acquistato poco prima nella vicina panetteria Bonelli.
Ore 11,15
Un autocarro 626 Fiat con a bordo alcuni Partigiani, armati di mitragliatrice, pavesato con una grande bandiera tricolore, guidato dal Partigiano Pino Bottazzi e comandato dal tenente Ezio Aceto, giunge sulla piazza e si imbatte nei due tedeschi.
Vistasi puntata contro la mitragliatrice i due tedeschi non oppongono resistenza. Vengono catturati e caricati sull’autocarro che riparte subito per Castellar in Valle Colla.
La macchina viene pure prelevata e guidata dal tenente Ezio Aceto, segue il camion. La popolazione presente in piazza applaude all’indirizzo dei partigiani.
Ore 11.45
Proveniente da Corso Trieste (testimonianza Luigi Vittorio Dalmasso) arrivano in paese due autocarri carichi di tedeschi, alcuni di essi, scesi dagli autocarri, fanno saltare, a colpi di bombe a mano, il centralino telefonico sito nei pressi del municipio in Piazza Italia.
Due carabinieri italiani, presenti sulla piazza, vengono fatti salire sugli autocarri per fornire le indicazioni sulla strada da imboccare per seguire i partigiani che hanno poco prima catturato le SS.
Ore 12,15-12,30
Scontro a fuoco al ponte dei Sergent di Castellar tenuto da una ventina di uomini, quasi tutti bovesani, agli ordini del tenente Ignazio Vian.
I due autocarri tedeschi, risalita la Val Colla per circa 4 Km, giunti in vista al posto di blocco del ponte dei Sergent di Castellar vengono fermati dal fuoco incrociato delle nostre mitragliatrici piazzate in numerosi punti sulle alture circostanti a venti-trenta metri, alcuni a cinquanta metri dalla strada. Anche il nostro cannone, un obice 113 da campagna, spara un colpo in direzione degli attaccanti.
Questi, fermati gli automezzi, cercano di procedere a piedi per incunearsi nelle nostre difese. Un comandante (sulle spalline aveva tre righette longitudinali) riesce a giungere a pochi metri dalla postazione di mitragliatrici tenuta dai Partigiani Baudino Bartolomeo (1920), Dutto Giuseppe (1922) e Maccario Giulio (1922).
Il tedesco spara decisamente sui mitraglieri e fallisce per pochi millimetri colpendo il cappello alpino di Baudino Bartolomeo. Quest’ultimo seduto alla mitraglia e Maccario Giulio nei pressi con un mitragliatore, sparano contemporaneamente e colpiscono in pieno l’attaccante, uccidendolo. Il tedesco cade nei pressi di tetto Mol, vicino al ponte dei Sergent sul ciglio della strada.
A questo punto Ignazio Vian ordina il contrattacco.
Scendono i partigiani e con bombe a mano - dall’alto - cacciano i tedeschi che si ritirano precipitosamente, a piedi, sotto il fuoco, poco dopo anche le mitragliatrici della postazione dei Tenenti Aimo Renato e Giuliano Bartolomeo situata sulla sinistra del torrente Colla entrano in azione. Inseguendo i nemici, cade il Partigiano Burlando Domenico di Genova a 50 metri circa a valle del punto in cui è caduto l’ufficiale tedesco.
Ore 13
I tedeschi, scontratisi poco prima con il posto di blocco di Castellar, ritornano a Boves sui due autocarri senza il comandante di pattuglia caduto nel combattimento.
Contemporaneamente giungono a Boves da Cuneo i primi carri armati tedeschi che si dispongono in modo da bloccare le varie uscite del paese.
Il Comandante Peiper cerca il Commissario del Comune Alessandro Gastinelli col quale aveva già avuto un lungo contatto tre giorni prima, il 16 di settembre.
Il Gastinelli si era reso irreperibile. Il Comandante impone al Maresciallo dei Carabinieri Caredda ed al Parroco Don Bernardi di trovargli due parlamentari da inviare ai partigiani.
In assenza del Commissario volevano un altro uomo importante e rappresentativo.
Il Parroco trovò il Sig. Vassallo Antonio industriale disposto ad accompagnarlo in montagna. Il Maresciallo dei Carabinieri Caredda ordina all’autista di piazza, Dalmasso Luigi, di portare i Parlamentari a Castellar.
Ore 14
Parte da Boves la macchina di Dalmasso con i due Parlamentari: Don Bernardi Giuseppe, Parroco del luogo e l’industriale Vassallo Antonio. Il comandante tedesco gli ha dato un’ora di tempo per rientrare con i due prigionieri tedeschi e il cadavere del caporale caduto circa un’ora prima nello scontro a fuoco al posto di blocco al ponte dei Sergent.
Il patto era chiaro: se alle quindici non avessero portato a termine la missione con successo il paese sarebbe stato incendiato. Se invece i due tedeschi fossero stati restituiti incolumi, nulla sarebbe stato fatto al Villaggio.
Il Sig. Vassallo chiede al comandante delle SS. una garanzia scritta ma ha questa risposta: “Vale di più la parola di un ufficiale tedesco che cento scritti di italiani”.
Ore 14,05
La macchina con i due Parlamentari, esce dal paese per via Roncaia e in località S.Carlo è fermata e poi lasciata proseguire dal posto di blocco tedesco dotato di un carro armato.
Ore 14,15
I due Parlamentari aiutati per la strada dal figlio dell’autista, Aldo, raggiungono il posto di blocco dei Sergent e poco dopo la frazione Castellar, dove conferiscono con Vian e alcuni altri Ufficiali della formazione, presente il Cappellano della frazione Don Dutto Giovanni.
Ore 14,50
Ottenuta la restituzione dei due prigionieri tedeschi con relativi effetti personali e macchina e caricato il cadavere del caporale caduto circa due ore prima in combattimento, le due macchine con i Parlamentari e i prigionieri partono per Boves (il Vassallo guida la macchina dei tedeschi).
Ore 15,05 a Boves
I due parlamentari Don Giuseppe Bernardi e Antonio Vassallo consegnano i due prigionieri al comando tedesco in piazza Italia, nei pressi dell’albergo Cernaia posto di fronte al Municipio. Invece di essere rilasciati vengono trattenuti come prigionieri e guardati a vista nei pressi del monumento ai Caduti della Guerra 1915-18 in piazza Italia.
L’autista, fingendo di dover conferire col Maresciallo Caredda dei Carabinieri per fare una relazione dell’accaduto, sfugge per puro caso all’arresto e all’uccisione.
Ore 15,15 a Castellar
Preceduti da un numeroso frastuono, i carri armati tedeschi giungono in vista del posto
di blocco dei Sergent ma non cercano di sfondare. Ad una cinquantina di metri a valle del ponte svoltano a destra in un largo pianoro verdeggiante, poco alberato, e si schierano uno a fianco all’altro con fronte verso la montagna.
Il Tenente Giuliano Bartolomeo presente sul luogo ne conta almeno sette e vede gli uomini saltar fuori dai carri per osservar meglio la zona. Per alcuni istanti, forse un minuto prima, i due opposti schieramenti si fronteggiano col dito sul grilletto, poi si scatena da ambo le parti un violentissimo fuoco di armi automatiche e in più i tedeschi cannoneggiano con i loro 88 le case, i campanili, le varie postazioni, individuate o supposte.
Lo scontro dura fino all’imbrunire. Il posto di blocco di Vian resiste bene, ma i tedeschi non cercano di sfondare con i carri. Si limitano a sparare e mandare pattuglie qualche decina di metri oltre i carri, per incendiare alcune case e sloggiare due nidi di mitragliatrici. Lo scopo (apparve chiaro dopo) era quello di tenere a bada la formazione militare mentre altri reparti procedevano all’incendio sistematico del capoluogo e delle frazioni Rivoira, Roncaia, Castellar. Mentre venivano incendiate le cascine di Rivoira (testimonianza Giuliano) ad una ad una, altissimo si elevava in una unica colonna di fumo dal concentrico di Boves.
Ore 16 a Boves
E’ in funzione il dispositivo di rappresaglia. Gruppi di tedeschi equipaggiati con latte di benzina e razzi incendiari passano casa per casa, partendo dai quattro angoli del paese.
Sfondano le porte, cospargono le masserizie di benzina e appiccano il fuoco. Se ci sono delle donne le allontanano in malo modo.
In una casa, un uomo sordo-muto (Ghinamo Bartolomeo via Vigne) cerca di spegnere le fiamme appena appiccate e viene subito mitragliato ed ucciso. Gli uomini validi sono già fuggiti prima.
I vecchi, i malati, gli impediti nella deambulazione, che cercano di uscire dal paese quando l’incendio divampa, sono sistematicamente massacrati.
Sono così uccisi 19 Cittadini civili. Si salva invece il sig. Dalmasso Giacomo, di anni 29, carrettiere, con una grossa imperfezione alla spina dorsale il quale viene colpito a fucilate in pieno volto, cade e rimane per varie ore svenuto, ma nella notte si riprende e riesce a salvarsi, dopo 93 giorni di ospedale, non avendo i proiettili leso organi vitali.
La signora Bo Caterina, di anni 87, non potendo muoversi dal letto, viene bruciata viva nella sua abitazione.
Gli ultimi gruppi di donne con bambini e masserizie, le orfanelle con le suore ed il Curato Don Ghibaudo cercano scampo verso il canale Badina, mentre il paese brucia. Il Curato però, viene ucciso mentre soccorre una vecchia paralitica.
I due Parlamentari intanto alle ore 16 sono davanti al Caffè Bianco (testimonianza Bianco).
Ore 16,30
Mentre in molti punti della Piazza si innalzano le colonne di fumo dell’incendio, giunge un gruppo di tedeschi che afferrano Don Bernardi e Antonio Vassallo in malo modo e li costringono a salire su un carro armato.
Ore 17,30
La signora Cavallera Corinna nata Pittavano, vede da casa sua passargli a pochi metri un carro armato con i due Parlamentari, trattenuti come prigionieri.
Ore 18
Vengono udite dalla suocera del Sig. Vassallo e dal Sig. Costanzo Lerda urla atroci e grida disperate “che non avevano più nulla di umano” provenienti dallo stabile n. 4 di Corso Trieste ove il giorno seguente furono trovati resti carbonizzati dei due Parlamentari. Consistevano in un mucchio di ceneri, qualche osso, uno scarpone con piede bruciacchiato, le chiavi della canonica, una dentiera di metallo.
Al cader della notte la colonna tedesca lascia il paese in fiamme.
Viene incendiato anche il Municipio, il cui archivio va completamente distrutto.
Nel capoluogo e nelle tre frazioni più colpite, vengono contate 350 case incendiate e centinaia di bovini uccisi.
Il 19 settembre vengono uccisi cinque partigiani e 18 civili.
Le quattro giornate di Boves
L’attività incessante, quasi frenetica della banda Vian, spingeva il comando tedesco ad organizzare il 2° grande attacco a Boves: quello del 31 dicembre 1943. Anche da parte partigiana ci si preparava ad un nuovo rastrellamento, tanto è vero che, scartati, i tanti civili massacrati per rappresaglie, pochi furono i partigiani uccisi o feriti, nonostante l’accanimento degli aerei, delle mitragliere e dei cannoni.
31 dicembre 1943
Tra le nove e le dieci di mattina, inizia il secondo eccidio di Boves.
Una autocolonna i cui effettivi sono valutati in circa 800 soldati superarono il ponte dei Sergent ed entrano in Val Colla ma vengono bloccato dal fuoco partigiano. Sulla piazza di Castellar i tedeschi tentano di salire a
S. Giacomo e aggirare la posizione.
Una autocolonna i cui effetti sono valutati in circa 800 soldati supera il ponte dei Sergent ed entra in Val Colla ma viene bloccata dal fuoco partigiano.
Nella giornata vengono uccisi sei partigiani e tredici civili.
1 gennaio 1944
Continua il rastrellamento nei dintorni di Boves : vengono uccisi sei partigiani e quindici civili.
2 gennaio 1944
I tedeschi si portarono in quota molto più alta del giorno prima, in modo da dominare la zona. Nella vallata nessun attacco diretto alle postazioni partigiane ma un incessante carosello aereo, con picchiate e mitragliamenti. Vengono uccisi un partigiano e un civile.
3 gennaio 1944
Il terzo giorno completarono il rastrellamento incendiando tutto ciò che era possibile bruciare: casotti, case, fienili, pagliai, mucchi di fascine,di legna, di foglie. Uccisero pure tutte le mucche e tutto il bestiame dei contadini.
Fecero terra bruciata nelle frazioni di Rivoira, Castellar, Rosbella, parte di Madonna dei Boschi e
S. Giacomo a valle della Chiesa.
Furono uccisi cinque partigiani e dodici civili.
1 novembre 1944
Esplosione del treno 9251 sulla linea Torino Cuneo Boves all’altezza del casello della Morra.
I morti furono 10, un partigiano e 9 civili.
26 aprile 1945
Quale ultima ferocia rappresaglia ormai terminata la guerra, i tedeschi in ritirata fucilano ancora nove giovani bovesani, prelevati dopo la mezzanotte nei loro letti.
MARTIRI - LAPIDI NEL TERRITORIO BOVESANO
Sezione curata da Marisa Baudino, Bianca Cravesano, Emiliana Varrone
Elenco allegati scaricabili
Intanto, rapidamente, il Tenente Ignazio Vian ha incominciato a organizzare i primi nuclei partigiani: saranno loro a intercettare e a fare prigionieri due tedeschi, la mattina del 19 settembre 1943.
Peiper è di nuovo a Boves: impone al Parroco Don Giuseppe Bernardi e all’industriale Antonio Vassallo di trattare la restituzione dei prigionieri.
Ma prima che questi ritornino dalla loro missione che,pienamente compiuta, le SS sono già pronte a colpire.
Nel primo pomeriggio divampano i primi incendi.
“I pochi testimoni oculari - soltanto alcune donne rimaste in paese - riferirono, allora, che la piazza e le vie d’accesso ad essa, furono teatro di un forsennato carosello di motosidecar, da cui sistematicamente partivano raffiche di armi automatiche per seminare il panico, sia per colpire coloro (soprattutto menomati fisici ed anziani) che, troppo tardi, cercavano di allontanarsi dai punti ove più infuriava la follia sanguinaria dei nazisti.
Il 19 settembre 1943 Boves brucia ! Don Bernardi e Antonio Vassallo si offrono come ostaggio per salvare Boves. I due parlamentari, tornati con i prigionieri, vengono malmenati , assassinati e i loro corpi bruciati. 350 case di Boves sono incendiate, si contano 23 caduti, 5 partigiani e 18 civili.
I tedeschi torneranno a Boves il 31 dicembre 1943, 1-2-3 gennaio 1944 quando ormai le bande partigiane si sono rafforzate; e saranno quattro giorni di nuove distruzioni: 350 case incendiate, i caduti sono 60 (uno non identificato ufficialmente) 18 partigiani e 42 civili.
Il 27 aprile del 1945, già in ritirata, i tedeschi, uccisero 9 persone prelevate dalle case , strappate dalle braccia delle moglie e dei figli .
Alla fine della guerra si contarono tra partigiani e civili 185 vittime.
Questo sarà il prezzo pagato da Boves, città martire della Resistenza, con due medaglie d’oro: al Valor Civile e al Valor Militare.
E’ forse la memoria viva di quegli ultimi eventi che spingerà ’Amministrazione Comunale a creare nel 1984 una “Scuola di Pace” e ad attribuirsi il legittimo titolo di “Capoluogo di Pace”.
A questa pagina potrete trovare una copiosa documentazione riguardo a:
diari testimonianze personaggi
CRONOLOGIA
Dall’8 al 18 settembre 1943
8-11 settembre 1943
Provenienti dalla Francia passano intere colonne di sbandati della IV armata che unitamente ai militari di servizio nelle caserme vicino a Boves, non cercano altro che mettersi in borghese per raggiungere le proprie famiglie.
Domenica 12 settembre
I tedeschi sono giunti a Cuneo bloccando la stazione ferroviaria e arrestando tutti i militari ancora in divisa. Questo costringe gli sbandati a fermarsi nei paesi come Borgo S. Dalmazzo, Boves, Peveragno e in Val Vermenagna per non cadere nelle mani dei tedeschi.
lunedì 13 settembre
I tedeschi da Cuneo, con manifesti murali e volantini buttati dalle “cicogne” invitano gli ex militari del Regio Esercito Italiano a presentarsi come prigionieri nelle loro mani per essere inviati nei campi di concentramento. A Boves, queste notizie suscitano nei giovani e nei militari, un profondo senso di ribellione e di rabbia e provocano una salita in massa verso la montagna.
Martedì 14 settembre
Circa un migliaio di bovesani soggetti ad obblighi militari e di sbandati della IV armata si concentrano nella Val Colla specie tra Castellar e S.Giacomo.
Mercoledì 15 settembre
Gli sbandati cominciano a essere chiamati ribelli e in numero sempre crescente portano a Castellar e a S. Giacomo centinaia di automezzi, di armi collettive ed individuali, mitragliatrici e cannoni e poi viveri, vestiario e tutto ciò che può necessitare ad un vero e proprio esercito.
Il più alto in grado, tra gli ufficiali presenti, è il Maggiore dei Bersaglieri chiamato Toscano che assume il comando della formazione.
Vi sono decine di ufficiali di complemento tra cui Ignazio Vian, Renato Aimo, Giuliano Bartolomeo, Giulio Corbelletti, Mario Venegoni, Enzo Bramardi.
Giovedì 16 settembre
I tedeschi comandati dal Maggiore Peiper Comandante del III Battaglione, del 2° Reggimento della Divisione Leibstandarte SS Adolf Hitler, in persona giungono a verso le 8,30 a Boves.
Occupano il Municipio, si fanno consegnare dal geometra Daniele Attilio le carte al 25.000 della zona, costringendo il Commissario Prefettizio Alessandro Gastinelli a convocare 300 capi famiglia per le ore 11 in Piazza Italia., ai quali il Comandante Peiper, comanda di salire in montagna per fare opera di convincimento sugli sbandati affinché si presentino al comando tedesco, (pena la distruzione del paese).
Intere famiglie bovesane per timore di rappresaglie trascorrono la notte nelle frazioni di campagna: S.Anna, Mellana, S. Mauro.
Venerdi 17 settembre
La giornata trascorre abbastanza calma tanto che le famiglie decidono di rientrare in paese visto che i tedeschi non hanno messo in atto le loro minacce, anche se nessun militare sbandato si è presentato.
Sabato 18 settembre
Calma apparente in tutto il bovesano. Qualcuno molto informato riesce però da Cuneo a comunicare a S. Giacomo una notizia inviata dal Maggiore Toscano che mette in allarme tutta la vallata.
“Accrescete la vigilanza probabile domani il nemico risalga la Valle”,
19 settembre 1943 eccidio di Boves
(testimonianza del partigiano Faustino Dalmazzo)
“Era un giorno di domenica……..
Il Maggiore Peiper, con perfida astuzia, manda due soldati tedeschi sulla piazza principale di Boves, nella certezza che verranno uccisi o fatti prigionieri dai Partigiani, per creare il “casus belli” e poi piomba coi suoi carri armati sul paese.
Manda poi due ambasciatori (Don Giuseppe Bernardi Parroco di Boves e l’industriale Antonio Vassallo, medaglie d’oro al Valor Civile) per fare restituire i due prigionieri e quindi, a restituzione avvenuta, mancando alla parola data, li finisce a colpi di pistola e ne brucia i cadaveri con i lanciafiamme.
Sguinzaglia poi le sue truppe che massacrano 45 civili, (tra i quali il sedicenne Re Benvenuto, e il Vice Curato Don Mario Ghibaudo, medaglia d’argento al Valor Civile) e incendia 350 case.
Cade il primo partigiano, un certo Burlando, marinaio di Genova, non meglio conosciuto….
Nel capoluogo e nelle tre frazioni più colpite, vengono contate 350 case incendiate e centinaia di bovini uccisi.”
Il 19 settembre vengono uccisi cinque partigiani e 18 civili.
Cronologia eccidio
Ore 11
Secondo varie testimonianze, tra cui quelle del capo stazione FF.SS. del tempo sig. Artusio, viene avvistata una macchina ferma con due tedeschi in Piazza Italia nei pressi del Municipio. La macchina aveva una gomma a terra e i due tedeschi mangiavano del pane acquistato poco prima nella vicina panetteria Bonelli.
Ore 11,15
Un autocarro 626 Fiat con a bordo alcuni Partigiani, armati di mitragliatrice, pavesato con una grande bandiera tricolore, guidato dal Partigiano Pino Bottazzi e comandato dal tenente Ezio Aceto, giunge sulla piazza e si imbatte nei due tedeschi.
Vistasi puntata contro la mitragliatrice i due tedeschi non oppongono resistenza. Vengono catturati e caricati sull’autocarro che riparte subito per Castellar in Valle Colla.
La macchina viene pure prelevata e guidata dal tenente Ezio Aceto, segue il camion. La popolazione presente in piazza applaude all’indirizzo dei partigiani.
Ore 11.45
Proveniente da Corso Trieste (testimonianza Luigi Vittorio Dalmasso) arrivano in paese due autocarri carichi di tedeschi, alcuni di essi, scesi dagli autocarri, fanno saltare, a colpi di bombe a mano, il centralino telefonico sito nei pressi del municipio in Piazza Italia.
Due carabinieri italiani, presenti sulla piazza, vengono fatti salire sugli autocarri per fornire le indicazioni sulla strada da imboccare per seguire i partigiani che hanno poco prima catturato le SS.
Ore 12,15-12,30
Scontro a fuoco al ponte dei Sergent di Castellar tenuto da una ventina di uomini, quasi tutti bovesani, agli ordini del tenente Ignazio Vian.
I due autocarri tedeschi, risalita la Val Colla per circa 4 Km, giunti in vista al posto di blocco del ponte dei Sergent di Castellar vengono fermati dal fuoco incrociato delle nostre mitragliatrici piazzate in numerosi punti sulle alture circostanti a venti-trenta metri, alcuni a cinquanta metri dalla strada. Anche il nostro cannone, un obice 113 da campagna, spara un colpo in direzione degli attaccanti.
Questi, fermati gli automezzi, cercano di procedere a piedi per incunearsi nelle nostre difese. Un comandante (sulle spalline aveva tre righette longitudinali) riesce a giungere a pochi metri dalla postazione di mitragliatrici tenuta dai Partigiani Baudino Bartolomeo (1920), Dutto Giuseppe (1922) e Maccario Giulio (1922).
Il tedesco spara decisamente sui mitraglieri e fallisce per pochi millimetri colpendo il cappello alpino di Baudino Bartolomeo. Quest’ultimo seduto alla mitraglia e Maccario Giulio nei pressi con un mitragliatore, sparano contemporaneamente e colpiscono in pieno l’attaccante, uccidendolo. Il tedesco cade nei pressi di tetto Mol, vicino al ponte dei Sergent sul ciglio della strada.
A questo punto Ignazio Vian ordina il contrattacco.
Scendono i partigiani e con bombe a mano - dall’alto - cacciano i tedeschi che si ritirano precipitosamente, a piedi, sotto il fuoco, poco dopo anche le mitragliatrici della postazione dei Tenenti Aimo Renato e Giuliano Bartolomeo situata sulla sinistra del torrente Colla entrano in azione. Inseguendo i nemici, cade il Partigiano Burlando Domenico di Genova a 50 metri circa a valle del punto in cui è caduto l’ufficiale tedesco.
Ore 13
I tedeschi, scontratisi poco prima con il posto di blocco di Castellar, ritornano a Boves sui due autocarri senza il comandante di pattuglia caduto nel combattimento.
Contemporaneamente giungono a Boves da Cuneo i primi carri armati tedeschi che si dispongono in modo da bloccare le varie uscite del paese.
Il Comandante Peiper cerca il Commissario del Comune Alessandro Gastinelli col quale aveva già avuto un lungo contatto tre giorni prima, il 16 di settembre.
Il Gastinelli si era reso irreperibile. Il Comandante impone al Maresciallo dei Carabinieri Caredda ed al Parroco Don Bernardi di trovargli due parlamentari da inviare ai partigiani.
In assenza del Commissario volevano un altro uomo importante e rappresentativo.
Il Parroco trovò il Sig. Vassallo Antonio industriale disposto ad accompagnarlo in montagna. Il Maresciallo dei Carabinieri Caredda ordina all’autista di piazza, Dalmasso Luigi, di portare i Parlamentari a Castellar.
Ore 14
Parte da Boves la macchina di Dalmasso con i due Parlamentari: Don Bernardi Giuseppe, Parroco del luogo e l’industriale Vassallo Antonio. Il comandante tedesco gli ha dato un’ora di tempo per rientrare con i due prigionieri tedeschi e il cadavere del caporale caduto circa un’ora prima nello scontro a fuoco al posto di blocco al ponte dei Sergent.
Il patto era chiaro: se alle quindici non avessero portato a termine la missione con successo il paese sarebbe stato incendiato. Se invece i due tedeschi fossero stati restituiti incolumi, nulla sarebbe stato fatto al Villaggio.
Il Sig. Vassallo chiede al comandante delle SS. una garanzia scritta ma ha questa risposta: “Vale di più la parola di un ufficiale tedesco che cento scritti di italiani”.
Ore 14,05
La macchina con i due Parlamentari, esce dal paese per via Roncaia e in località S.Carlo è fermata e poi lasciata proseguire dal posto di blocco tedesco dotato di un carro armato.
Ore 14,15
I due Parlamentari aiutati per la strada dal figlio dell’autista, Aldo, raggiungono il posto di blocco dei Sergent e poco dopo la frazione Castellar, dove conferiscono con Vian e alcuni altri Ufficiali della formazione, presente il Cappellano della frazione Don Dutto Giovanni.
Ore 14,50
Ottenuta la restituzione dei due prigionieri tedeschi con relativi effetti personali e macchina e caricato il cadavere del caporale caduto circa due ore prima in combattimento, le due macchine con i Parlamentari e i prigionieri partono per Boves (il Vassallo guida la macchina dei tedeschi).
Ore 15,05 a Boves
I due parlamentari Don Giuseppe Bernardi e Antonio Vassallo consegnano i due prigionieri al comando tedesco in piazza Italia, nei pressi dell’albergo Cernaia posto di fronte al Municipio. Invece di essere rilasciati vengono trattenuti come prigionieri e guardati a vista nei pressi del monumento ai Caduti della Guerra 1915-18 in piazza Italia.
L’autista, fingendo di dover conferire col Maresciallo Caredda dei Carabinieri per fare una relazione dell’accaduto, sfugge per puro caso all’arresto e all’uccisione.
Ore 15,15 a Castellar
Preceduti da un numeroso frastuono, i carri armati tedeschi giungono in vista del posto
di blocco dei Sergent ma non cercano di sfondare. Ad una cinquantina di metri a valle del ponte svoltano a destra in un largo pianoro verdeggiante, poco alberato, e si schierano uno a fianco all’altro con fronte verso la montagna.
Il Tenente Giuliano Bartolomeo presente sul luogo ne conta almeno sette e vede gli uomini saltar fuori dai carri per osservar meglio la zona. Per alcuni istanti, forse un minuto prima, i due opposti schieramenti si fronteggiano col dito sul grilletto, poi si scatena da ambo le parti un violentissimo fuoco di armi automatiche e in più i tedeschi cannoneggiano con i loro 88 le case, i campanili, le varie postazioni, individuate o supposte.
Lo scontro dura fino all’imbrunire. Il posto di blocco di Vian resiste bene, ma i tedeschi non cercano di sfondare con i carri. Si limitano a sparare e mandare pattuglie qualche decina di metri oltre i carri, per incendiare alcune case e sloggiare due nidi di mitragliatrici. Lo scopo (apparve chiaro dopo) era quello di tenere a bada la formazione militare mentre altri reparti procedevano all’incendio sistematico del capoluogo e delle frazioni Rivoira, Roncaia, Castellar. Mentre venivano incendiate le cascine di Rivoira (testimonianza Giuliano) ad una ad una, altissimo si elevava in una unica colonna di fumo dal concentrico di Boves.
Ore 16 a Boves
E’ in funzione il dispositivo di rappresaglia. Gruppi di tedeschi equipaggiati con latte di benzina e razzi incendiari passano casa per casa, partendo dai quattro angoli del paese.
Sfondano le porte, cospargono le masserizie di benzina e appiccano il fuoco. Se ci sono delle donne le allontanano in malo modo.
In una casa, un uomo sordo-muto (Ghinamo Bartolomeo via Vigne) cerca di spegnere le fiamme appena appiccate e viene subito mitragliato ed ucciso. Gli uomini validi sono già fuggiti prima.
I vecchi, i malati, gli impediti nella deambulazione, che cercano di uscire dal paese quando l’incendio divampa, sono sistematicamente massacrati.
Sono così uccisi 19 Cittadini civili. Si salva invece il sig. Dalmasso Giacomo, di anni 29, carrettiere, con una grossa imperfezione alla spina dorsale il quale viene colpito a fucilate in pieno volto, cade e rimane per varie ore svenuto, ma nella notte si riprende e riesce a salvarsi, dopo 93 giorni di ospedale, non avendo i proiettili leso organi vitali.
La signora Bo Caterina, di anni 87, non potendo muoversi dal letto, viene bruciata viva nella sua abitazione.
Gli ultimi gruppi di donne con bambini e masserizie, le orfanelle con le suore ed il Curato Don Ghibaudo cercano scampo verso il canale Badina, mentre il paese brucia. Il Curato però, viene ucciso mentre soccorre una vecchia paralitica.
I due Parlamentari intanto alle ore 16 sono davanti al Caffè Bianco (testimonianza Bianco).
Ore 16,30
Mentre in molti punti della Piazza si innalzano le colonne di fumo dell’incendio, giunge un gruppo di tedeschi che afferrano Don Bernardi e Antonio Vassallo in malo modo e li costringono a salire su un carro armato.
Ore 17,30
La signora Cavallera Corinna nata Pittavano, vede da casa sua passargli a pochi metri un carro armato con i due Parlamentari, trattenuti come prigionieri.
Ore 18
Vengono udite dalla suocera del Sig. Vassallo e dal Sig. Costanzo Lerda urla atroci e grida disperate “che non avevano più nulla di umano” provenienti dallo stabile n. 4 di Corso Trieste ove il giorno seguente furono trovati resti carbonizzati dei due Parlamentari. Consistevano in un mucchio di ceneri, qualche osso, uno scarpone con piede bruciacchiato, le chiavi della canonica, una dentiera di metallo.
Al cader della notte la colonna tedesca lascia il paese in fiamme.
Viene incendiato anche il Municipio, il cui archivio va completamente distrutto.
Nel capoluogo e nelle tre frazioni più colpite, vengono contate 350 case incendiate e centinaia di bovini uccisi.
Il 19 settembre vengono uccisi cinque partigiani e 18 civili.
Le quattro giornate di Boves
L’attività incessante, quasi frenetica della banda Vian, spingeva il comando tedesco ad organizzare il 2° grande attacco a Boves: quello del 31 dicembre 1943. Anche da parte partigiana ci si preparava ad un nuovo rastrellamento, tanto è vero che, scartati, i tanti civili massacrati per rappresaglie, pochi furono i partigiani uccisi o feriti, nonostante l’accanimento degli aerei, delle mitragliere e dei cannoni.
31 dicembre 1943
Tra le nove e le dieci di mattina, inizia il secondo eccidio di Boves.
Una autocolonna i cui effettivi sono valutati in circa 800 soldati superarono il ponte dei Sergent ed entrano in Val Colla ma vengono bloccato dal fuoco partigiano. Sulla piazza di Castellar i tedeschi tentano di salire a
S. Giacomo e aggirare la posizione.
Una autocolonna i cui effetti sono valutati in circa 800 soldati supera il ponte dei Sergent ed entra in Val Colla ma viene bloccata dal fuoco partigiano.
Nella giornata vengono uccisi sei partigiani e tredici civili.
1 gennaio 1944
Continua il rastrellamento nei dintorni di Boves : vengono uccisi sei partigiani e quindici civili.
2 gennaio 1944
I tedeschi si portarono in quota molto più alta del giorno prima, in modo da dominare la zona. Nella vallata nessun attacco diretto alle postazioni partigiane ma un incessante carosello aereo, con picchiate e mitragliamenti. Vengono uccisi un partigiano e un civile.
3 gennaio 1944
Il terzo giorno completarono il rastrellamento incendiando tutto ciò che era possibile bruciare: casotti, case, fienili, pagliai, mucchi di fascine,di legna, di foglie. Uccisero pure tutte le mucche e tutto il bestiame dei contadini.
Fecero terra bruciata nelle frazioni di Rivoira, Castellar, Rosbella, parte di Madonna dei Boschi e
S. Giacomo a valle della Chiesa.
Furono uccisi cinque partigiani e dodici civili.
1 novembre 1944
Esplosione del treno 9251 sulla linea Torino Cuneo Boves all’altezza del casello della Morra.
I morti furono 10, un partigiano e 9 civili.
26 aprile 1945
Quale ultima ferocia rappresaglia ormai terminata la guerra, i tedeschi in ritirata fucilano ancora nove giovani bovesani, prelevati dopo la mezzanotte nei loro letti.
MARTIRI - LAPIDI NEL TERRITORIO BOVESANO
Sezione curata da Marisa Baudino, Bianca Cravesano, Emiliana Varrone
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