ll Ricetto
Area fortificata (sec. XII) con torri, fossi e mura abbattute nel 1557 dal M.se del Vasto dopo la cacciata dei francesi
Comprendeva l’attuale v. Roma e le vie trasversali
L’affresco di Madonna con Bambino (1400) era la lunetta del portale della cappella della Confraternita dei Disciplinanti.
Strade e “carubi”
Nel dialetto bovesano il termine “carubi” indica le strade che dalle zone periferiche convergono nelle piazze del paese,
(foto della porta che collegava il “carubi et la sesmäna” con la zona fortificata dell’antico Ricetto)
Tratto da: “ L’to almanach” 1979 - a cura del Prof. Mario Martini
Ancora meno di cinquant’anni fa, gli abitanti delle frazioni chiamavano il concentrico di Boves “La VILLA”.
E chi veniva alla villa, sapeva facilmente districarsi tra le sue vie che erano poche e ben conosciute.
L’arteria principale si sviluppava lungo il Bedale, dalla Cappella di San Carlo fino alla Chiesa Vecchia: il primo tratto si chiamava Valcarania e il secondo Valgea o Mungeia. Il Bedale era attraversato da passerelle e ponti, ognuno dei quali aveva un suo nome: u punt ed San Carlu, u punt et Patagna, u punt du Cunfurn, u punt di Munie, u punt ed Gesia Veia.
Il più importante era il ponte del Conforno, così detto perché collocato vicino al forno di proprietà comunale, dove era obbligatorio cuocere il pane pagando un contributo in natura che andava a favore dei poveri.
Il ponte du Cunfurn divideva Valcarania da Valgea e dava accesso alla Cuntrò Granda, l’attuale via Partigiani.
La Cuntrò Granda, così chiamata perché era la più spaziosa delle strade del concentrico, dava accesso alla Ripa di Boves o piazza dell’Olmo, chiamata Piazza Vecchia per distinguerla dalle altre piazze di costruzione molto più recente.
Piazza Vecchia col suo olmo plurisecolare e la fontana del 1517, era il cuore di Boves. La univano a Valcarania e Valgea, oltre alla Cuntrò Granda, anche numerose altre strade dette Carubi.
I Carubi erano strade contorte e molto strette nelle quali si passava a mala pena con un carro.
Tra i principali meritano di essere ricordati: u carubi di Cuse (via don Olivero) u carubi ‘t sësmäna (via F.lli Giuliano), u carubi ‘d punt Pätägna (via Mons. Calandri), u carubi sutegn (via Chiesa Vecchia).
U carubi ‘t sesmana, pare che fosse così chiamato perché i frazionisti di Cerati, Rosbella, San Giacomo, Castellar e Roncaia, se venivano a Boves col vestito da festa scendevano lungo Valcarania ed entravano trionfalmente in Piazza Vecchia percorrendo la Cuntrò Granda, se invece erano malvestiti o vestiti “da sësmana” erano soliti scendere, quasi di nascosto, lungo il carubi 't sësmana.
Se molte erano le strade di accesso a Piazza Vecchia, la principale via di uscita dalla Piazza e dal paese era il Rusat, attuale via Roma. Il nome “RUSAT” indicava, nei secoli scorsi, tutta l’area fortificata (Recintium o Ricetto) che, con strade perpendicolari, gravita su via Roma. Era un quartiere, più che una strada. In fondo al Rusat anticamente vi era la principale porta d’ingresso nell’abitato di Boves. Venne eliminata verso il 1600 e, da allora, il Rusat diede libero accesso alla campagna. Ma la campagna era proprietà privata: solo chi era autorizzato e non aveva paura dei cani poteva spingersi fino alla cascina dei Munsiun lungo l’attuale via Andreis Di Mondrone.
L’area pubblica era limitata allo spiazzo antistante le scuole, l’attuale Piazza Borelli, chiamata Piazza d’Arme in memoria delle esercitazioni militari che la milizia bovesana usava fare forse in tempi molto remoti ma sicuramente all’epoca della Rivoluzione francese.
E per finire questa mia breve notazione toponomastica, permettetemi di darvi un consiglio da amico. Percorrete, magari in automobile, Corso Bisalta, via Don Olivero, via Fratelli Giuliano, via Mons. Calandri, via Partigiani, via professor Don Cavallera, via Chiesa Vecchia, via Roma, piazza Borelli; e poi ripetete, magari a piedi, il percorso Valgea, Valcarania, carubi di Cuse, carubi 't sesmana, carubi 't punt Patagna, cuntrò Granda, carubi Suregn, carubi Sutegn, piasa Veia, u Rusat e piasa d’Arme.
Può sembrare la stessa cosa, ma vi accorgerete che sono due cose assolutamente diverse.
Area fortificata (sec. XII) con torri, fossi e mura abbattute nel 1557 dal M.se del Vasto dopo la cacciata dei francesi
Comprendeva l’attuale v. Roma e le vie trasversali
L’affresco di Madonna con Bambino (1400) era la lunetta del portale della cappella della Confraternita dei Disciplinanti.
Strade e “carubi”
Nel dialetto bovesano il termine “carubi” indica le strade che dalle zone periferiche convergono nelle piazze del paese,
(foto della porta che collegava il “carubi et la sesmäna” con la zona fortificata dell’antico Ricetto)
Tratto da: “ L’to almanach” 1979 - a cura del Prof. Mario Martini
Ancora meno di cinquant’anni fa, gli abitanti delle frazioni chiamavano il concentrico di Boves “La VILLA”.
E chi veniva alla villa, sapeva facilmente districarsi tra le sue vie che erano poche e ben conosciute.
L’arteria principale si sviluppava lungo il Bedale, dalla Cappella di San Carlo fino alla Chiesa Vecchia: il primo tratto si chiamava Valcarania e il secondo Valgea o Mungeia. Il Bedale era attraversato da passerelle e ponti, ognuno dei quali aveva un suo nome: u punt ed San Carlu, u punt et Patagna, u punt du Cunfurn, u punt di Munie, u punt ed Gesia Veia.
Il più importante era il ponte del Conforno, così detto perché collocato vicino al forno di proprietà comunale, dove era obbligatorio cuocere il pane pagando un contributo in natura che andava a favore dei poveri.
Il ponte du Cunfurn divideva Valcarania da Valgea e dava accesso alla Cuntrò Granda, l’attuale via Partigiani.
La Cuntrò Granda, così chiamata perché era la più spaziosa delle strade del concentrico, dava accesso alla Ripa di Boves o piazza dell’Olmo, chiamata Piazza Vecchia per distinguerla dalle altre piazze di costruzione molto più recente.
Piazza Vecchia col suo olmo plurisecolare e la fontana del 1517, era il cuore di Boves. La univano a Valcarania e Valgea, oltre alla Cuntrò Granda, anche numerose altre strade dette Carubi.
I Carubi erano strade contorte e molto strette nelle quali si passava a mala pena con un carro.
Tra i principali meritano di essere ricordati: u carubi di Cuse (via don Olivero) u carubi ‘t sësmäna (via F.lli Giuliano), u carubi ‘d punt Pätägna (via Mons. Calandri), u carubi sutegn (via Chiesa Vecchia).
U carubi ‘t sesmana, pare che fosse così chiamato perché i frazionisti di Cerati, Rosbella, San Giacomo, Castellar e Roncaia, se venivano a Boves col vestito da festa scendevano lungo Valcarania ed entravano trionfalmente in Piazza Vecchia percorrendo la Cuntrò Granda, se invece erano malvestiti o vestiti “da sësmana” erano soliti scendere, quasi di nascosto, lungo il carubi 't sësmana.
Se molte erano le strade di accesso a Piazza Vecchia, la principale via di uscita dalla Piazza e dal paese era il Rusat, attuale via Roma. Il nome “RUSAT” indicava, nei secoli scorsi, tutta l’area fortificata (Recintium o Ricetto) che, con strade perpendicolari, gravita su via Roma. Era un quartiere, più che una strada. In fondo al Rusat anticamente vi era la principale porta d’ingresso nell’abitato di Boves. Venne eliminata verso il 1600 e, da allora, il Rusat diede libero accesso alla campagna. Ma la campagna era proprietà privata: solo chi era autorizzato e non aveva paura dei cani poteva spingersi fino alla cascina dei Munsiun lungo l’attuale via Andreis Di Mondrone.
L’area pubblica era limitata allo spiazzo antistante le scuole, l’attuale Piazza Borelli, chiamata Piazza d’Arme in memoria delle esercitazioni militari che la milizia bovesana usava fare forse in tempi molto remoti ma sicuramente all’epoca della Rivoluzione francese.
E per finire questa mia breve notazione toponomastica, permettetemi di darvi un consiglio da amico. Percorrete, magari in automobile, Corso Bisalta, via Don Olivero, via Fratelli Giuliano, via Mons. Calandri, via Partigiani, via professor Don Cavallera, via Chiesa Vecchia, via Roma, piazza Borelli; e poi ripetete, magari a piedi, il percorso Valgea, Valcarania, carubi di Cuse, carubi 't sesmana, carubi 't punt Patagna, cuntrò Granda, carubi Suregn, carubi Sutegn, piasa Veia, u Rusat e piasa d’Arme.
Può sembrare la stessa cosa, ma vi accorgerete che sono due cose assolutamente diverse.
Via Partigiani
Chiamata via Umberto I (anno 1900), via Maestra (anno 1953).
Per i bovesani, era conosciuta come “u carubi et la festa” e ora “Cuntrò Granda.”
Tratto da: “Storia di Boves” di don Lorenzo Peirone
All’inizio del 1400, quando i Savoia garantirono al nostro comune stabilità di governo e sicurezza esterne, il centro abitato cominciò ad espandersi verso nord-est nell’area fortificata del Ricetto.
I bovesani vollero che la strada che univa Valcarania e Valgea alla Ripa di BOVES fosse spaziosa e rettilinea, quasi una piazza.
La chiamarono Cuntrò Granda e divenne subito centro di incontro comunitario nei giorni festivi e di mercato tanto che,nell’accezione popolare, era conosciuta come “u carubi et la festa”. E festa grande era anche andare a cuocere il pane nel forno della comunità che sorgeva nell’angolo con Valcarania, mentre rispettoso sentimento di sudditanza incuteva la presenza del palazzo marchionale, prospiciente piazza Vecchia, che i marchesi Grimaldi di Boglio e signori di Boves, avevano fatto costruire agli inizi del 1600.
Divenuta via Maestra nel 1953, dedicata ad Umberto 1° nell’agosto del 1900, fu chiamata via Partigiani dopo la guerra di liberazione.
Corso Bisalta
Parte da Chiesa vecchia e va su verso la Bisalta, finendo in zona S. Carlo.
E’ a due corsie perché in mezzo passa un corso d’acqua con passerelle, il Bedale.
La lunga strada che si snoda da Chiesa Vecchia alla cappella di S. Carlo è da tempo immemorabile conosciuta coi nomi di Valcarania e di Valgea. Solcata longitudinalmente dal corso d’acqua il Bedale, è divisa in due carreggiate lungo le quali si andò gradualmente sviluppando la parte più vecchia del centro abitato.
Il Bedale, ora in parte coperto, era anticamente attraversato da numerose passerelle in legno e dai ponti di S. Carlo, Chiesa Vecchia e del Cunfurn; quest’ultimo dava accesso alla “Cuntrò Granda”, attuale via Partigiani.
Il tratto di strada che unisce il ponte del Conforno a Chiesa Vecchia fu per secoli chiamato indifferentemente Mungea oppure Valgea, a seconda che il punto di riferimento fosse la vecchia chiesa (Mungea = a monte della chiesa) oppure a valle della nuova parrocchiale (Valgea = a valle della chiesa).
All’inizio di questo secolo prese il nome di corso Regina Margherita per assumere poi quello di Corso Bisalta dopo la seconda guerra mondiale.
Il Bedale
Il Bedale che correva incastrato tra due trincee di terra franosa è quello che i bovesani da otto secoli chiamano “u Biäl”.
Tratto da: “ La storia di Boves scorre lungo il “bial” - “La Stampa” 29/12/1983 - a cura di Bruno Marchiaro.
Un castello, una chiesa, una strada o una piazza, a volte raccontano la storia di un paese o di una città. La storia di Boves, almeno quella più lontana nel tempo, è tutto lungo il Bedale che percorre l’attuale corso Bisalta. “u Bial“ come lo chiamano i bovesani. Ora il Bial nella sua lunghezza non si vede più, è stato coperto dal cemento per trovare un po’ di spazio all’aumentato traffico; resiste ancora all’aperto un tratto, l’ultimo a valle, verso Chiesa Vecchia che forse rimarrà sempre così, a ricordare com’era il Bial: la prima strada della Boves mediovale, la grande porta che si apriva verso la Bisalta.
C’era già il Bedale e non c’era ancora la Boves di adesso, che conosciamo.
All’inizio del 1000, infatti Boves sorgeva all’incirca dove ora si dividono le strade che vanno rispettivamente a Fontanelle e alla Mellana; poche case intorno ad una chiesa dedicata a S. Stefano.
Era però sul cammino degli eserciti avidi di preda e nel 1200 venne semidistrutta dagli Armagnacchi con Fontanelle; i superstiti di Boves, si trasferirono lungo la fascia collinare che dall’attuale Chiesa Vecchia, passando sotto la collina di S. Antonio, va verso i Cerati. La scelta della nuova Boves fu quindi dettata da ragioni di sicurezza e dalla presenza di un modesto torrente che sfociava in pianura dopo aver raccolto le sorgenti e l’acqua piovana dei valloni del Brusatà: il ruscelletto che correva incastrato tra due trincee di terra franosa è quello che i bovesani da otto secoli chiamano “u Biäl”.
Lungo le rive sorsero le casette dei contadini e degli artigiani, si sviluppò una pacifica e laboriosa comunità. Quel piccolo e capriccioso corso d’acqua era davvero una fonte di vita per i bovesani: serviva ai campi e agli animali, alle persone per usi domestici, si rivelava utilissimo nei casi di incendio che, a quanto, ci tramandano i pochi cronisti dell’epoca, erano abbastanza frequenti.
La Boves del 1300 era tutta lì: due file di case basse sotto la collina; poche centinaia di persone sulle rive del Bedale che scendeva giù dai Cerati. Un torrente allora limpido che ogni tanto si gonfiava per l’infuriare dei temporali, usciva dagli argini e invadeva i cortili.
Ma “u Bial” era soprattutto simbolo di vita e di festa: nelle sue acque si immersero per ringraziare e purificarsi gli scampati dalle terribili pesti del 1400, del 1500 e di quella micidiale del 1610, che si portò via oltre 600 bovesani. In tempi meno lontani si “tuffavano” anche – e qualche volta cadevano senza volerlo – i contadini resi euforici dal vino novello.
Nessuno però è mai annegato nelle sue acque.
Com’era logico, lungo il Bedale sorse alle fine del 1500 l’ospedale fondato da don Pellegrino, (ripreso poi da Mons. Calandri proprio accanto al forno per il pane della Confraternita.
Si deve arrivare al 1700 per vedere le prime opere in muratura, la fontanella, i ponti in ferro sostituire “le pianche” in legno.
La cronaca delle vicende più recenti del Bedale è andata persa con la distruzione dell’archivio comunale durante l’ultima guerra.
Corso Trieste
Corso Trieste parte da Piazza Italia e prosegue per Fontanelle
Tratto da: “ Stradario, percorsi storici, artistici e culturali a piedi e in bicicletta nel territorio di Boves” a cura dell’Istituto Comprensorio A. Vassallo
Corso Trieste porta verso Fontanelle, Cuneo…
Una volta era la via della stazione, perché da Torino verso Cuneo doveva portare a Limone fino a Nizza.
La stazione è stata inaugurata nel 1888, grazie al Senatore bovesano, Giovan Battista Borelli.
Per inaugurarla attesero il treno Reale: c'era un treno che partendo da Torino, passava poi a Boves e conduceva a Borgo S. Dalmazzo; qui con una carrozza, il re raggiungeva S. Anna di Valdieri località, dove la famiglia reale trascorreva i mesi più caldi dell’estate, nella tenuta da caccia. ….
… Corso Trieste doveva essere la strada più bella, perché pochi paesi avevano il treno e allora dissero: “Dobbiamo fare un bel viale”.
Questo viale avrebbe dovuto arrivare fino alla stazione, ma la popolazione fu contraria, perché costava troppo, c’erano altre spese prioritarie. Oggi ne resta un tratto alberato davanti a Piazza Borelli.
Strade romane di Boves:
L’autore Donato Dutto riporta integralmente, in “Boves Kaputt”, il testo del concittadino Sen. Giov. Battista- Borelli “Strade romane del territorio di Boves” - Roma nel 1883
Strade romane su territorio di Boves
1°
VIA DETTA “Traversagna”
E’ una strada che passa a circa due kilometri di distanza a notte di Boves, attraversando la strada, che viene da Cuneo, all’altezza della cappella di Sant’Anna; essa va in linea retta verso il torrente Colla a levante passando in mezzo ai cascinali detti del “marchese”. Costeggia per alcun tempo questo torrente, poi, attraversatolo più in basso, si spinge fino a Beinette (Vajenna Superior). Vedremo a suo tempo con quale altra strada romana si giungesse.
Dalla cappella di Sant’Anna va pure in diritta via a ponente, attraversa il canale detto “Naviglio”, si dirige verso i cascinali chiamati “Peretti”, poi si perde, giacchè incontrando un altro canale molto profondo detto “Vermenagna”, costruito nel secolo XIV dell’era volgare, il suo corso ne è ora interrotto; ma dirigevasi verso Fontanelle, grossa borgata a ponente di Boves, chiamata nei secoli di mezzo “Brusapocello “, oltrepassata la quale volgeva a destra verso il Gesso (getium o gexium) che attraversa pure; tocca quindi Borgo S. Dalmazzo o (Pedona), da cui si spinge poi nella valle di Stura (Sturia) solcata da una strada romana militare. Nella “Tabula paedemonti antiqui ed medii aevi” del Duranti è pur notata una strada, che da Beinette dirigevasi verso la Valle Stura, passando al quanto al di sotto di Borgo S. Dalamazzo; evidentemente era quella ora descritta tra Beinette, Fontanelle, Gesso e Valle Stura.
Tra S. Anna ed i cascinali “Peretti” porta il nome “Traveragna”; taluni la chiamano ancora via romana.
2°
STRADA detta del “CHIADELLO”
Da Fontanelle si distacca un’altra strada, la quale rasentando le colline a levante, col torrente Vermenagna a ponente, mette a Roccavione (Rocca Guidone..- Rupes Guidonia) ed entra nella valle, che porta il nome di questo torrente. Questa strada, sebbene non autenticamente romana, ha però delle relazioni storiche colle romane.
3°
Via EMILIA in pianura
Una strada che porta ancora presentemente il nome di “Via Mia” distaccasi non lungi dagli ultimi lembi dei colli che separano il territorio di Boves da quello di Peveragno (Piperanium) a levante, e viene in linea retta sin presso il torrente “Colla”.
Essa trovasi a giorno, a poca distanza e quasi parallela a quella, che unisce presentemente i due paesi e viene a terminarsi con uno svolto pochi metri al di sopra del ponte presente sul Colla, il quale doveva anticamente trovarsi in direzione di tale strada, giacchè questa alquanto al di là del ponte ripiglia a un dipresso la direzione della “via Mia” suddetta per condurre a Boves… questa strada aveva anticamente una grande importanza giacchè tutto il territorio attraversato dalla medesima a levante del torrente Colla porta il nome di “Regione della via Emilia“ ed è ancora presentemente registrato al catasto sotto un tale nome.
Prima di oltrepassare però il torrente dava un ramo verso il sud, di cui sarà detto or ora; seguitando poi il suo corso passava al nord di Boves dove questo trovasi presentemente, si continuava con quella, che, oltrepassati “ i molini” si dirige ancora adesso verso Fontanelle, sia per congiungersi alla prima già descritta diretta verso la valle di Stura, sia per continuarsi col ramo già indicato diretto verso la valle del Vermenagna.
4°
Via Emilia lungo il Torrente Colla
La “via Emilia” (via Mia), prima di attraversare il Colla per portarsi a Boves, dava, siccome s’è detto un ramo più importante, il quale ascendeva lungo la riva destra del torrente, attraversava in linea retta tutta la regione occidentale inferiore e superiore della Rivoira, altra grossa borgata a sud-est di Boves e portavasi nella valle detta di S. Giacomo, lungo la quale discende il Colla, e che conduce alla “Bisalta”o Bisimalta (in volgare, Bisimauda). Essa continuavasi poi con la seguente:
5°
Via Emilia attraverso la Bisalta
Giunta quella strada laddove la valle si fa più stretta, volgeva a sinistra e rimontava lungo il vallone detto dei “Sergent” per ascendere sui primi contrafforti della Bisalta. Questa strada da me sospettata da molti anni senza averla mai ricercata, mi venne poi rilevata nel 1877 allorquando mi misi nell ’impegno di scoprirla, e fu da me seguita lungo la Bisalta sin verso la sua sommità. Essa porta ancora presentemente il nome di ”via Mia”.
Altre strade secondarie o succursali forse romane
Un’altra potrebbe ancora dirsi romana, che probabilmente non sarà stata che una scorciatoia per il paese, onde raggiungere quella della Bisalta. Questa partivasi dal sud del paese poco più in su della cappella di S. Carlo (la via dei Gigutin). Montava il colle detto del “Brusatà” che percorreva in alto ed a levante in tutta la sua lunga estensione, poscia incontrando la Bisalta, andava a riunirsi alla via Mia. Questa strada esiste tuttora ed è molto frequentata dagli abitanti delle valli e dei colli che le stanno a ponente. Probabilmente ancora sulla sinistra del torrente Colla lungo la valle di S. Giacomo eravi un’altra strada, la qualeaascendeva fino al suo fondo, poi rimontando il vallone detto di "Ceresole" andava a raggiungere quello del Brusatà per condurre alla Bisalta. Queste due strade nei loro ultimi tratti non erano che pedestri
Queste sarebbero le strade romane di cui nessun autore a mia cognizione fece cenno e che intendo di studiare i nei loro rapporti colle altre strade romane. Il solo che vi avrebbe accennato sarebbe il Casalis nel suo dizionario coreografico alla parola Boves, il quale dice vagamente che il suo territorio era attraversato da una grande strada romana. La quale dalla bassa Italia venendo a Tortona, Asti ed Alba, Asti ed Alba metteva poi nelle Gallie per la valle di Stura.
Strade di Boves nell’Era Napoleonica
Estratto sulle vie di Boves nel 1700, nell’era napoleonica.
Tratto da: “ Il Giornale di Boves” - Gennaio 1982 - a cura di Mario Martini
1) Anni or sono avevo pubblicato su questo giornale una serie di notizie sulle vicende di Boves all’epoca della rivoluzione francese e del dominio napoleonico. Fra l’altro avevo annotato che l’autorità comunale aveva proceduto alla rilevazione di tutto il territorio e all’impianto del primo catasto immobiliare. Questa mappa catastale del 1802 si aggiunge ai documenti conservati nell’archivio comunale ed è anche la dimostrazione pratica della serietà con la quale questo lavoro fu condotto a termine. I nomi segnati in mappa sono scritti in lingua francese perché Boves, assieme a gran parte del Piemonte, era stata annessa alla Francia.
2) L’Espansione urbanistica di Boves capoluogo nel 1802 si sviluppava in un’area triangolare avente il suo vertice a Chiesa Vecchia e i due lati maggiori lungo gli assi stradali di Corso Bisalta e di Corso Trieste; il lato inferiore di base univa le due cappellette di S. Magno e S. Carlo. Entro tali limiti Boves solo nell ’immediato dopoguerra, cioè verso il 1950, lo sviluppo impetuoso e selvaggio dell’edilizia traboccò nelle campagne circostanti, oltre i limiti storico-tradizionali.
3) L’attuale corso Bisalta si divideva in due tratti distinti che avevano origine all’imbocco di via Partigiani, in corrispondenza del ponte sul Bedale chiamato “ponte del Cunfurn” o ponte del forno comunale, il tratto a monte del ponte si chiama Valcarania mentre il tratto a valle si chiama Valgea.
Sulla sinistra idrografica del Bedale la mappa riporta due denominazioni di strade:
Rue o via Barali, corrispondente all’attuale via San Carlo, e Chemin de Saint Antoin. Si rileva che l’indicazione per Sant’Antonio è erroneamente annotata lungo la via che porta al Castello.
4) Da Valcarania e Valgea si accedeva a Piazza Vecchia e alla Chiesa Parrocchiale attraverso tre strade: rue Saint Jean (via san Giovanni), rue Grande (via Grande) e rue de Saint Croix (via Santa Croce) e, attraverso un sentiero denominato “carubiet de la pauta.”
Via S. Giovanni corrispondeva all’attuale via Fratelli Giuliano. Era nel passato conosciuta come via Robilante perché attraverso Cerati e il Colle del Moro portava a quella località. Era anche conosciuta come “carubi et sesmana”, cioè come strada attraverso la quale i montanari accedevano al centro di Boves nei giorni feriali, con abito dimesso e al traino di un carretto.
Nei giorni festivi, quando il vestito era decente e gli zoccoli ben lustri, i montanari accedevano trionfalmente a Piazza Vecchia tramite la “Cuntrò Granda” o “la Grande Rue,” attuale via Partigiani.
Via Santa Croce corrispondeva all’attuale via Prof. Don Cavallera ed era così chiamata perché portava da Valgea al luogo dove sorgeva l’antica Confraternita di Santa Croce ( Lieu de l’ancienne confrerie), nell’area adiacente a quella dell’ospedale di carità.
La “rue dite carubiet de la pauta” corrispondeva all’attuale via Mons. Calandri, meglio conosciuta come via che porta all’asilo. Il suo nome era significativo: si trattava di un sentiero malamente percorribile a piedi o al traino di un carretto. Le vetture non vi avevano accesso. Il torinese Rignon, proprietario di una villa signorile, dopo aver tentato inutilmente di convincere i proprietari confinanti ad allargare la strada, finirà per vendere l’immobile al Parroco Mons. Calandri che, verso il 1880, trasformerà la villa in Asilo per l’infanzia.
5) Place neuve o Piazza Nuova, l’attuale piazza Italia, nel 1802 era ancora in fase di costruzione. L’amministrazione comunale, dopo aver tentato invano di convincere i numerosi proprietari degli orti a cedere il terreno era ricorsa all’esproprio e nel frattempo provvedeva a lavori di ripiano e di consolidamento con ghiaia del fondo della piazza. Si noti che la mappa evidenzia come la piazza non abbia ancora sbocco in via Cuneo. Le strade per Cuneo passavano allora davanti alla cappella di S. Rocco, in via Peveragno, e a fianco della cappella di S. Sebastiano lungo il Bedale fino alla frazione di S. Anna.
6) L’area compresa tra le attuali piazza dell’Olmo, piazza Italia, corso Trieste e piazza Caduti merita una particolare attenzione.
* A) Essa corrispondeva alla zona del Ricetto, antica area fortificata nella quale trovavano rifugio i bovesani abitanti in campagna in caso di scorrerie da parte di eserciti stranieri. Attorno al Ricetto girava un fossato che veniva riempito d’acqua, la mappa del 1802 evidenzia ancora Due Rue des Fausses o strade dei fossati. La prima passava davanti alle scuole elementari e nell’attuale via Giovanni Capello, la seconda sul lato sinistro dell’attuale piazza Caduti.
* B) L’area dell’attuale piazza Borelli era ancora adibita ad orto, mentre quella di piazza Caduti era in gran parte occupata dai giardini della famiglia Grimaldi.
* C) L’attuale via Roma (Rusat) si chiamava Rue de Saint Antoine, perché portava ad una cappella dedicata a Sant’Antonio. Più tardi incorporata in un’abitazione privata.
* D) Tra le strade perpendicolari al Rusat si noti la rue du Fourn o via del Forno, così chiamata perché portava al secondo forno di proprietà comunale, adiacente al vecchio palazzo del municipio.
* E) L’attuale Corso Trieste viene indicato nella mappa col nome di Rue Inferieure o via Sottana. Anziché proseguire verso Borgo S. Dalmazzo si innestava nell’attuale via Chiesa Vecchia e sboccava in Valgea.
Un’attenta lettura della mappa potrebbe ancora permettere di evidenziare tanti particolari di notevole interesse. Ma queste mie annotazioni non hanno affatto la pretesa di essere esaurienti. Vogliono soltanto essere un primo avvio verso una lettura più approfondita che ognuno potrà fare per proprio conto.
Chiamata via Umberto I (anno 1900), via Maestra (anno 1953).
Per i bovesani, era conosciuta come “u carubi et la festa” e ora “Cuntrò Granda.”
Tratto da: “Storia di Boves” di don Lorenzo Peirone
All’inizio del 1400, quando i Savoia garantirono al nostro comune stabilità di governo e sicurezza esterne, il centro abitato cominciò ad espandersi verso nord-est nell’area fortificata del Ricetto.
I bovesani vollero che la strada che univa Valcarania e Valgea alla Ripa di BOVES fosse spaziosa e rettilinea, quasi una piazza.
La chiamarono Cuntrò Granda e divenne subito centro di incontro comunitario nei giorni festivi e di mercato tanto che,nell’accezione popolare, era conosciuta come “u carubi et la festa”. E festa grande era anche andare a cuocere il pane nel forno della comunità che sorgeva nell’angolo con Valcarania, mentre rispettoso sentimento di sudditanza incuteva la presenza del palazzo marchionale, prospiciente piazza Vecchia, che i marchesi Grimaldi di Boglio e signori di Boves, avevano fatto costruire agli inizi del 1600.
Divenuta via Maestra nel 1953, dedicata ad Umberto 1° nell’agosto del 1900, fu chiamata via Partigiani dopo la guerra di liberazione.
Corso Bisalta
Parte da Chiesa vecchia e va su verso la Bisalta, finendo in zona S. Carlo.
E’ a due corsie perché in mezzo passa un corso d’acqua con passerelle, il Bedale.
La lunga strada che si snoda da Chiesa Vecchia alla cappella di S. Carlo è da tempo immemorabile conosciuta coi nomi di Valcarania e di Valgea. Solcata longitudinalmente dal corso d’acqua il Bedale, è divisa in due carreggiate lungo le quali si andò gradualmente sviluppando la parte più vecchia del centro abitato.
Il Bedale, ora in parte coperto, era anticamente attraversato da numerose passerelle in legno e dai ponti di S. Carlo, Chiesa Vecchia e del Cunfurn; quest’ultimo dava accesso alla “Cuntrò Granda”, attuale via Partigiani.
Il tratto di strada che unisce il ponte del Conforno a Chiesa Vecchia fu per secoli chiamato indifferentemente Mungea oppure Valgea, a seconda che il punto di riferimento fosse la vecchia chiesa (Mungea = a monte della chiesa) oppure a valle della nuova parrocchiale (Valgea = a valle della chiesa).
All’inizio di questo secolo prese il nome di corso Regina Margherita per assumere poi quello di Corso Bisalta dopo la seconda guerra mondiale.
Il Bedale
Il Bedale che correva incastrato tra due trincee di terra franosa è quello che i bovesani da otto secoli chiamano “u Biäl”.
Tratto da: “ La storia di Boves scorre lungo il “bial” - “La Stampa” 29/12/1983 - a cura di Bruno Marchiaro.
Un castello, una chiesa, una strada o una piazza, a volte raccontano la storia di un paese o di una città. La storia di Boves, almeno quella più lontana nel tempo, è tutto lungo il Bedale che percorre l’attuale corso Bisalta. “u Bial“ come lo chiamano i bovesani. Ora il Bial nella sua lunghezza non si vede più, è stato coperto dal cemento per trovare un po’ di spazio all’aumentato traffico; resiste ancora all’aperto un tratto, l’ultimo a valle, verso Chiesa Vecchia che forse rimarrà sempre così, a ricordare com’era il Bial: la prima strada della Boves mediovale, la grande porta che si apriva verso la Bisalta.
C’era già il Bedale e non c’era ancora la Boves di adesso, che conosciamo.
All’inizio del 1000, infatti Boves sorgeva all’incirca dove ora si dividono le strade che vanno rispettivamente a Fontanelle e alla Mellana; poche case intorno ad una chiesa dedicata a S. Stefano.
Era però sul cammino degli eserciti avidi di preda e nel 1200 venne semidistrutta dagli Armagnacchi con Fontanelle; i superstiti di Boves, si trasferirono lungo la fascia collinare che dall’attuale Chiesa Vecchia, passando sotto la collina di S. Antonio, va verso i Cerati. La scelta della nuova Boves fu quindi dettata da ragioni di sicurezza e dalla presenza di un modesto torrente che sfociava in pianura dopo aver raccolto le sorgenti e l’acqua piovana dei valloni del Brusatà: il ruscelletto che correva incastrato tra due trincee di terra franosa è quello che i bovesani da otto secoli chiamano “u Biäl”.
Lungo le rive sorsero le casette dei contadini e degli artigiani, si sviluppò una pacifica e laboriosa comunità. Quel piccolo e capriccioso corso d’acqua era davvero una fonte di vita per i bovesani: serviva ai campi e agli animali, alle persone per usi domestici, si rivelava utilissimo nei casi di incendio che, a quanto, ci tramandano i pochi cronisti dell’epoca, erano abbastanza frequenti.
La Boves del 1300 era tutta lì: due file di case basse sotto la collina; poche centinaia di persone sulle rive del Bedale che scendeva giù dai Cerati. Un torrente allora limpido che ogni tanto si gonfiava per l’infuriare dei temporali, usciva dagli argini e invadeva i cortili.
Ma “u Bial” era soprattutto simbolo di vita e di festa: nelle sue acque si immersero per ringraziare e purificarsi gli scampati dalle terribili pesti del 1400, del 1500 e di quella micidiale del 1610, che si portò via oltre 600 bovesani. In tempi meno lontani si “tuffavano” anche – e qualche volta cadevano senza volerlo – i contadini resi euforici dal vino novello.
Nessuno però è mai annegato nelle sue acque.
Com’era logico, lungo il Bedale sorse alle fine del 1500 l’ospedale fondato da don Pellegrino, (ripreso poi da Mons. Calandri proprio accanto al forno per il pane della Confraternita.
Si deve arrivare al 1700 per vedere le prime opere in muratura, la fontanella, i ponti in ferro sostituire “le pianche” in legno.
La cronaca delle vicende più recenti del Bedale è andata persa con la distruzione dell’archivio comunale durante l’ultima guerra.
Corso Trieste
Corso Trieste parte da Piazza Italia e prosegue per Fontanelle
Tratto da: “ Stradario, percorsi storici, artistici e culturali a piedi e in bicicletta nel territorio di Boves” a cura dell’Istituto Comprensorio A. Vassallo
Corso Trieste porta verso Fontanelle, Cuneo…
Una volta era la via della stazione, perché da Torino verso Cuneo doveva portare a Limone fino a Nizza.
La stazione è stata inaugurata nel 1888, grazie al Senatore bovesano, Giovan Battista Borelli.
Per inaugurarla attesero il treno Reale: c'era un treno che partendo da Torino, passava poi a Boves e conduceva a Borgo S. Dalmazzo; qui con una carrozza, il re raggiungeva S. Anna di Valdieri località, dove la famiglia reale trascorreva i mesi più caldi dell’estate, nella tenuta da caccia. ….
… Corso Trieste doveva essere la strada più bella, perché pochi paesi avevano il treno e allora dissero: “Dobbiamo fare un bel viale”.
Questo viale avrebbe dovuto arrivare fino alla stazione, ma la popolazione fu contraria, perché costava troppo, c’erano altre spese prioritarie. Oggi ne resta un tratto alberato davanti a Piazza Borelli.
Strade romane di Boves:
- via Emilia (ora via Milia – 1^ strada a destra di via Peveragno, dopo il ponte sul Colla)
- via Chiadello (strada che costeggia la collina tra Fontanelle e Roccavione)
- via Traversagna (strada che collega il piazzale di Sant’Anna con la vecchia via di Mellana)
L’autore Donato Dutto riporta integralmente, in “Boves Kaputt”, il testo del concittadino Sen. Giov. Battista- Borelli “Strade romane del territorio di Boves” - Roma nel 1883
Strade romane su territorio di Boves
1°
VIA DETTA “Traversagna”
E’ una strada che passa a circa due kilometri di distanza a notte di Boves, attraversando la strada, che viene da Cuneo, all’altezza della cappella di Sant’Anna; essa va in linea retta verso il torrente Colla a levante passando in mezzo ai cascinali detti del “marchese”. Costeggia per alcun tempo questo torrente, poi, attraversatolo più in basso, si spinge fino a Beinette (Vajenna Superior). Vedremo a suo tempo con quale altra strada romana si giungesse.
Dalla cappella di Sant’Anna va pure in diritta via a ponente, attraversa il canale detto “Naviglio”, si dirige verso i cascinali chiamati “Peretti”, poi si perde, giacchè incontrando un altro canale molto profondo detto “Vermenagna”, costruito nel secolo XIV dell’era volgare, il suo corso ne è ora interrotto; ma dirigevasi verso Fontanelle, grossa borgata a ponente di Boves, chiamata nei secoli di mezzo “Brusapocello “, oltrepassata la quale volgeva a destra verso il Gesso (getium o gexium) che attraversa pure; tocca quindi Borgo S. Dalmazzo o (Pedona), da cui si spinge poi nella valle di Stura (Sturia) solcata da una strada romana militare. Nella “Tabula paedemonti antiqui ed medii aevi” del Duranti è pur notata una strada, che da Beinette dirigevasi verso la Valle Stura, passando al quanto al di sotto di Borgo S. Dalamazzo; evidentemente era quella ora descritta tra Beinette, Fontanelle, Gesso e Valle Stura.
Tra S. Anna ed i cascinali “Peretti” porta il nome “Traveragna”; taluni la chiamano ancora via romana.
2°
STRADA detta del “CHIADELLO”
Da Fontanelle si distacca un’altra strada, la quale rasentando le colline a levante, col torrente Vermenagna a ponente, mette a Roccavione (Rocca Guidone..- Rupes Guidonia) ed entra nella valle, che porta il nome di questo torrente. Questa strada, sebbene non autenticamente romana, ha però delle relazioni storiche colle romane.
3°
Via EMILIA in pianura
Una strada che porta ancora presentemente il nome di “Via Mia” distaccasi non lungi dagli ultimi lembi dei colli che separano il territorio di Boves da quello di Peveragno (Piperanium) a levante, e viene in linea retta sin presso il torrente “Colla”.
Essa trovasi a giorno, a poca distanza e quasi parallela a quella, che unisce presentemente i due paesi e viene a terminarsi con uno svolto pochi metri al di sopra del ponte presente sul Colla, il quale doveva anticamente trovarsi in direzione di tale strada, giacchè questa alquanto al di là del ponte ripiglia a un dipresso la direzione della “via Mia” suddetta per condurre a Boves… questa strada aveva anticamente una grande importanza giacchè tutto il territorio attraversato dalla medesima a levante del torrente Colla porta il nome di “Regione della via Emilia“ ed è ancora presentemente registrato al catasto sotto un tale nome.
Prima di oltrepassare però il torrente dava un ramo verso il sud, di cui sarà detto or ora; seguitando poi il suo corso passava al nord di Boves dove questo trovasi presentemente, si continuava con quella, che, oltrepassati “ i molini” si dirige ancora adesso verso Fontanelle, sia per congiungersi alla prima già descritta diretta verso la valle di Stura, sia per continuarsi col ramo già indicato diretto verso la valle del Vermenagna.
4°
Via Emilia lungo il Torrente Colla
La “via Emilia” (via Mia), prima di attraversare il Colla per portarsi a Boves, dava, siccome s’è detto un ramo più importante, il quale ascendeva lungo la riva destra del torrente, attraversava in linea retta tutta la regione occidentale inferiore e superiore della Rivoira, altra grossa borgata a sud-est di Boves e portavasi nella valle detta di S. Giacomo, lungo la quale discende il Colla, e che conduce alla “Bisalta”o Bisimalta (in volgare, Bisimauda). Essa continuavasi poi con la seguente:
5°
Via Emilia attraverso la Bisalta
Giunta quella strada laddove la valle si fa più stretta, volgeva a sinistra e rimontava lungo il vallone detto dei “Sergent” per ascendere sui primi contrafforti della Bisalta. Questa strada da me sospettata da molti anni senza averla mai ricercata, mi venne poi rilevata nel 1877 allorquando mi misi nell ’impegno di scoprirla, e fu da me seguita lungo la Bisalta sin verso la sua sommità. Essa porta ancora presentemente il nome di ”via Mia”.
Altre strade secondarie o succursali forse romane
Un’altra potrebbe ancora dirsi romana, che probabilmente non sarà stata che una scorciatoia per il paese, onde raggiungere quella della Bisalta. Questa partivasi dal sud del paese poco più in su della cappella di S. Carlo (la via dei Gigutin). Montava il colle detto del “Brusatà” che percorreva in alto ed a levante in tutta la sua lunga estensione, poscia incontrando la Bisalta, andava a riunirsi alla via Mia. Questa strada esiste tuttora ed è molto frequentata dagli abitanti delle valli e dei colli che le stanno a ponente. Probabilmente ancora sulla sinistra del torrente Colla lungo la valle di S. Giacomo eravi un’altra strada, la qualeaascendeva fino al suo fondo, poi rimontando il vallone detto di "Ceresole" andava a raggiungere quello del Brusatà per condurre alla Bisalta. Queste due strade nei loro ultimi tratti non erano che pedestri
Queste sarebbero le strade romane di cui nessun autore a mia cognizione fece cenno e che intendo di studiare i nei loro rapporti colle altre strade romane. Il solo che vi avrebbe accennato sarebbe il Casalis nel suo dizionario coreografico alla parola Boves, il quale dice vagamente che il suo territorio era attraversato da una grande strada romana. La quale dalla bassa Italia venendo a Tortona, Asti ed Alba, Asti ed Alba metteva poi nelle Gallie per la valle di Stura.
Strade di Boves nell’Era Napoleonica
Estratto sulle vie di Boves nel 1700, nell’era napoleonica.
Tratto da: “ Il Giornale di Boves” - Gennaio 1982 - a cura di Mario Martini
1) Anni or sono avevo pubblicato su questo giornale una serie di notizie sulle vicende di Boves all’epoca della rivoluzione francese e del dominio napoleonico. Fra l’altro avevo annotato che l’autorità comunale aveva proceduto alla rilevazione di tutto il territorio e all’impianto del primo catasto immobiliare. Questa mappa catastale del 1802 si aggiunge ai documenti conservati nell’archivio comunale ed è anche la dimostrazione pratica della serietà con la quale questo lavoro fu condotto a termine. I nomi segnati in mappa sono scritti in lingua francese perché Boves, assieme a gran parte del Piemonte, era stata annessa alla Francia.
2) L’Espansione urbanistica di Boves capoluogo nel 1802 si sviluppava in un’area triangolare avente il suo vertice a Chiesa Vecchia e i due lati maggiori lungo gli assi stradali di Corso Bisalta e di Corso Trieste; il lato inferiore di base univa le due cappellette di S. Magno e S. Carlo. Entro tali limiti Boves solo nell ’immediato dopoguerra, cioè verso il 1950, lo sviluppo impetuoso e selvaggio dell’edilizia traboccò nelle campagne circostanti, oltre i limiti storico-tradizionali.
3) L’attuale corso Bisalta si divideva in due tratti distinti che avevano origine all’imbocco di via Partigiani, in corrispondenza del ponte sul Bedale chiamato “ponte del Cunfurn” o ponte del forno comunale, il tratto a monte del ponte si chiama Valcarania mentre il tratto a valle si chiama Valgea.
Sulla sinistra idrografica del Bedale la mappa riporta due denominazioni di strade:
Rue o via Barali, corrispondente all’attuale via San Carlo, e Chemin de Saint Antoin. Si rileva che l’indicazione per Sant’Antonio è erroneamente annotata lungo la via che porta al Castello.
4) Da Valcarania e Valgea si accedeva a Piazza Vecchia e alla Chiesa Parrocchiale attraverso tre strade: rue Saint Jean (via san Giovanni), rue Grande (via Grande) e rue de Saint Croix (via Santa Croce) e, attraverso un sentiero denominato “carubiet de la pauta.”
Via S. Giovanni corrispondeva all’attuale via Fratelli Giuliano. Era nel passato conosciuta come via Robilante perché attraverso Cerati e il Colle del Moro portava a quella località. Era anche conosciuta come “carubi et sesmana”, cioè come strada attraverso la quale i montanari accedevano al centro di Boves nei giorni feriali, con abito dimesso e al traino di un carretto.
Nei giorni festivi, quando il vestito era decente e gli zoccoli ben lustri, i montanari accedevano trionfalmente a Piazza Vecchia tramite la “Cuntrò Granda” o “la Grande Rue,” attuale via Partigiani.
Via Santa Croce corrispondeva all’attuale via Prof. Don Cavallera ed era così chiamata perché portava da Valgea al luogo dove sorgeva l’antica Confraternita di Santa Croce ( Lieu de l’ancienne confrerie), nell’area adiacente a quella dell’ospedale di carità.
La “rue dite carubiet de la pauta” corrispondeva all’attuale via Mons. Calandri, meglio conosciuta come via che porta all’asilo. Il suo nome era significativo: si trattava di un sentiero malamente percorribile a piedi o al traino di un carretto. Le vetture non vi avevano accesso. Il torinese Rignon, proprietario di una villa signorile, dopo aver tentato inutilmente di convincere i proprietari confinanti ad allargare la strada, finirà per vendere l’immobile al Parroco Mons. Calandri che, verso il 1880, trasformerà la villa in Asilo per l’infanzia.
5) Place neuve o Piazza Nuova, l’attuale piazza Italia, nel 1802 era ancora in fase di costruzione. L’amministrazione comunale, dopo aver tentato invano di convincere i numerosi proprietari degli orti a cedere il terreno era ricorsa all’esproprio e nel frattempo provvedeva a lavori di ripiano e di consolidamento con ghiaia del fondo della piazza. Si noti che la mappa evidenzia come la piazza non abbia ancora sbocco in via Cuneo. Le strade per Cuneo passavano allora davanti alla cappella di S. Rocco, in via Peveragno, e a fianco della cappella di S. Sebastiano lungo il Bedale fino alla frazione di S. Anna.
6) L’area compresa tra le attuali piazza dell’Olmo, piazza Italia, corso Trieste e piazza Caduti merita una particolare attenzione.
* A) Essa corrispondeva alla zona del Ricetto, antica area fortificata nella quale trovavano rifugio i bovesani abitanti in campagna in caso di scorrerie da parte di eserciti stranieri. Attorno al Ricetto girava un fossato che veniva riempito d’acqua, la mappa del 1802 evidenzia ancora Due Rue des Fausses o strade dei fossati. La prima passava davanti alle scuole elementari e nell’attuale via Giovanni Capello, la seconda sul lato sinistro dell’attuale piazza Caduti.
* B) L’area dell’attuale piazza Borelli era ancora adibita ad orto, mentre quella di piazza Caduti era in gran parte occupata dai giardini della famiglia Grimaldi.
* C) L’attuale via Roma (Rusat) si chiamava Rue de Saint Antoine, perché portava ad una cappella dedicata a Sant’Antonio. Più tardi incorporata in un’abitazione privata.
* D) Tra le strade perpendicolari al Rusat si noti la rue du Fourn o via del Forno, così chiamata perché portava al secondo forno di proprietà comunale, adiacente al vecchio palazzo del municipio.
* E) L’attuale Corso Trieste viene indicato nella mappa col nome di Rue Inferieure o via Sottana. Anziché proseguire verso Borgo S. Dalmazzo si innestava nell’attuale via Chiesa Vecchia e sboccava in Valgea.
Un’attenta lettura della mappa potrebbe ancora permettere di evidenziare tanti particolari di notevole interesse. Ma queste mie annotazioni non hanno affatto la pretesa di essere esaurienti. Vogliono soltanto essere un primo avvio verso una lettura più approfondita che ognuno potrà fare per proprio conto.
Edifici
Piazze
Piazza Italia
1796 Piazza della Rivoluzione così detta per via dello stanziamento delle truppe francesi.
1830 costruzione del Pelerin
1853 attuale denominazione
1921 eretto il monumento ai Caduti della Guerra 1915/18
1935 abbattuto il Pelerin per edificare il Palazzo Municipale
Piazza dell’Olmo “cuore del paese”
Già detta (1300) Ripa di Boves prospiciente il fosso del Ricetto, l' Olmo del 1396 (franchigie di Amedeo di Acaja); per 542 anni testimone di storia e di vita, ora al posto hanno messo un carpino
Tettoia del Pelerin, rifugio dei pellegrini
Chiesa parrocchiale di S. Bartolomeo del 1675
Piazza Caduti per la Libertà
1621/1797 parco dei M.si Grimaldi di Boglio titolari del feudo di Boves
1800-orto dei Cacchiardi prima e dei Baraston dopo
Area divenuta Piazza del Littorio (1934) per saggi ginnici ed esercitazioni militari
Dopo il1945 dedicata ai Caduti (v.monumento)
Piazza Borelli
fino al 1834 area di discarica con fossato
1853-Piazza d’Armi per esercitazioni della Guardia Nazionale
1884-il Sen. Giovan Battista Borelli fa costruire il Teatro, ora Auditorium
Nel seminterrato del teatro c’erano il lavatoio pubblico e la fabbrica del ghiaccio
Piazza Garibaldi
(ex piazza San Gregorio)
Tratto da: “Boves dal medioevo al 2000 – di Mario Martini e don Enrico Luciano
Tratto da: “Storia Popolare di Boves “ di don L. Peirone
Una chiesetta a S. Gregorio Magno esisteva già in Boves prima del secolo XIII.
La chiesa diede il nome alla località, dove sorgeva. La piazza Garibaldi attuale, si è sempre chiamata S. Greuli, S. Gregorio, in dialetto bovesano arcaico.
L’antichità di tale chiesa si rivela tra l’altro da un testamento riportato nel volume 1° delle Cronache del Caranti, Certosa di Pesio pag. 192.
Testamento dell’8 febbraio 1261, in cui Donna Ricolda moglie di Giovanni “adiudicavit” lasciò alla chiesa di S. Gregorio di Boves “denari 6”.
Con quell’atto Donna Ricolda lasciava anche “soldi 3” alla chiesa pievana di Boves e “denari 12” all’opera di S. Maria (forse Madonna dei Boschi).
La chiesa di S. Gregorio fu costruita più di una volta. Come si rivela dalla Visita Apostolica di Mons. Scarampi, nel 1583, era malandata, per la massima parte senza tetto.
La festa di S. Gregorio Magno – 12 marzo- doveva nel medioevo celebrarsi in Boves con una certa solennità, come si rivela dagli statuti pag.89.
Ecco invece che dall’inizio del 1400, si avviò una vera a propria diaspora della popolazione su tutto il territorio con la conseguenza di piccoli agglomerati abitativi, veri e propri nuclei costitutivi delle frazioni rurali.
Le migliorate condizioni di vita e l’aumento della popolazione determinarono un notevole incremento delle costruzioni edilizie che, rompendo definitivamente il vecchio schema di un unico nucleo residenziale, investirono l’intero territorio bovesano. Ma sarebbe pressoché inutile cercare nel testo degli statuti un riferimento diretto a questa rivoluzione urbanistica e e per tanto ci si deve accontentare di alcuni indizi che la riguardano solo marginalmente ma che, integrati da riscontri ancora ben visibili sul territorio, ci aiutano ad individuare, con sufficiente verosimiglianza le linee portanti di un complessivo sviluppo urbanistico.
Il fatto ad esempio, che nel 4° libro venga ricordata la località di San Gregorio, lascia chiaramente supporre che quel popoloso rione si sia sviluppato nel quattrocento e rappresenti il primo coraggioso esperimento di un complesso residenziale costruito in un’area non difesa dalle mura del Ricetto.
E tuttavia, quasi ad evidenziare persistenti ataviche paure, l’intero complesso venne costruito ricalcando lo schema urbanistico chiuso a fortilizio già in precedenza adottato per le abitazioni addossate alla collina del Castello.
Cappella di San Magno (ex San Gregorio)
Antecedente al sec XIII e più volte ricostruita.
Dedicata inizialmente a San Gregorio, da’ il nome alla piazza (in bovesano
S Greuli)
All’inizio del ‘900 denominata Chiesa di S. Magno in quanto affidata alla Società di S. Magno.
1870/1872 ampliamento della chiesa e innalzamento del campanile
(vedi al riguardo il testo approfondito nella sezione “CHIESE E SANTUARI”)
Fontana di piazza Garibaldi
Del 1700 circa, in pietra, con due vasche contrapposte;
fa presupporre un doppio uso, come abbeveraggio degli animali e poi come lavatoio.
(vedi al riguardo il testo approfondito nella sezione “FONTANE”)
1796 Piazza della Rivoluzione così detta per via dello stanziamento delle truppe francesi.
1830 costruzione del Pelerin
1853 attuale denominazione
1921 eretto il monumento ai Caduti della Guerra 1915/18
1935 abbattuto il Pelerin per edificare il Palazzo Municipale
Piazza dell’Olmo “cuore del paese”
Già detta (1300) Ripa di Boves prospiciente il fosso del Ricetto, l' Olmo del 1396 (franchigie di Amedeo di Acaja); per 542 anni testimone di storia e di vita, ora al posto hanno messo un carpino
Tettoia del Pelerin, rifugio dei pellegrini
Chiesa parrocchiale di S. Bartolomeo del 1675
Piazza Caduti per la Libertà
1621/1797 parco dei M.si Grimaldi di Boglio titolari del feudo di Boves
1800-orto dei Cacchiardi prima e dei Baraston dopo
Area divenuta Piazza del Littorio (1934) per saggi ginnici ed esercitazioni militari
Dopo il1945 dedicata ai Caduti (v.monumento)
Piazza Borelli
fino al 1834 area di discarica con fossato
1853-Piazza d’Armi per esercitazioni della Guardia Nazionale
1884-il Sen. Giovan Battista Borelli fa costruire il Teatro, ora Auditorium
Nel seminterrato del teatro c’erano il lavatoio pubblico e la fabbrica del ghiaccio
Piazza Garibaldi
(ex piazza San Gregorio)
Tratto da: “Boves dal medioevo al 2000 – di Mario Martini e don Enrico Luciano
Tratto da: “Storia Popolare di Boves “ di don L. Peirone
Una chiesetta a S. Gregorio Magno esisteva già in Boves prima del secolo XIII.
La chiesa diede il nome alla località, dove sorgeva. La piazza Garibaldi attuale, si è sempre chiamata S. Greuli, S. Gregorio, in dialetto bovesano arcaico.
L’antichità di tale chiesa si rivela tra l’altro da un testamento riportato nel volume 1° delle Cronache del Caranti, Certosa di Pesio pag. 192.
Testamento dell’8 febbraio 1261, in cui Donna Ricolda moglie di Giovanni “adiudicavit” lasciò alla chiesa di S. Gregorio di Boves “denari 6”.
Con quell’atto Donna Ricolda lasciava anche “soldi 3” alla chiesa pievana di Boves e “denari 12” all’opera di S. Maria (forse Madonna dei Boschi).
La chiesa di S. Gregorio fu costruita più di una volta. Come si rivela dalla Visita Apostolica di Mons. Scarampi, nel 1583, era malandata, per la massima parte senza tetto.
La festa di S. Gregorio Magno – 12 marzo- doveva nel medioevo celebrarsi in Boves con una certa solennità, come si rivela dagli statuti pag.89.
Ecco invece che dall’inizio del 1400, si avviò una vera a propria diaspora della popolazione su tutto il territorio con la conseguenza di piccoli agglomerati abitativi, veri e propri nuclei costitutivi delle frazioni rurali.
Le migliorate condizioni di vita e l’aumento della popolazione determinarono un notevole incremento delle costruzioni edilizie che, rompendo definitivamente il vecchio schema di un unico nucleo residenziale, investirono l’intero territorio bovesano. Ma sarebbe pressoché inutile cercare nel testo degli statuti un riferimento diretto a questa rivoluzione urbanistica e e per tanto ci si deve accontentare di alcuni indizi che la riguardano solo marginalmente ma che, integrati da riscontri ancora ben visibili sul territorio, ci aiutano ad individuare, con sufficiente verosimiglianza le linee portanti di un complessivo sviluppo urbanistico.
Il fatto ad esempio, che nel 4° libro venga ricordata la località di San Gregorio, lascia chiaramente supporre che quel popoloso rione si sia sviluppato nel quattrocento e rappresenti il primo coraggioso esperimento di un complesso residenziale costruito in un’area non difesa dalle mura del Ricetto.
E tuttavia, quasi ad evidenziare persistenti ataviche paure, l’intero complesso venne costruito ricalcando lo schema urbanistico chiuso a fortilizio già in precedenza adottato per le abitazioni addossate alla collina del Castello.
Cappella di San Magno (ex San Gregorio)
Antecedente al sec XIII e più volte ricostruita.
Dedicata inizialmente a San Gregorio, da’ il nome alla piazza (in bovesano
S Greuli)
All’inizio del ‘900 denominata Chiesa di S. Magno in quanto affidata alla Società di S. Magno.
1870/1872 ampliamento della chiesa e innalzamento del campanile
(vedi al riguardo il testo approfondito nella sezione “CHIESE E SANTUARI”)
Fontana di piazza Garibaldi
Del 1700 circa, in pietra, con due vasche contrapposte;
fa presupporre un doppio uso, come abbeveraggio degli animali e poi come lavatoio.
(vedi al riguardo il testo approfondito nella sezione “FONTANE”)