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Sei a Boves!

Oasi di tranquillità
SANTUARIO MADONNA DEI BOSCHI
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Il santuario della Madonna dei Boschi
(in frazione Roncaia)
Il Santuario di Madonna dei Boschi costituisce un importante patrimonio artistico per la città di Boves e non solo.
Esso, infatti, è posto sotto la tutela della Sovrintendenza delle Belle Arti.
​
Entrando il visitatore prova un sentimento di intensa meraviglia nello scoprire il tesoro d’arte conservato in questa chiesetta eretta a Santuario.
Purtroppo i rifacimenti, l’apertura di finestre e altre opere effettuate nel tempo hanno in parte compromesso gli antichi e pregevoli affreschi che ricoprono tutte le pareti e la volta della struttura antica.
A fianco dei banchi, nella parte più antica della chiesa, si trova il ciclo pittorico sulla vita della Madonna. Si tratta di affreschi ancora giotteschi, ma già carichi di un’interiorità che presagisce l’Umanesimo. Attingono ai vangeli e ai testi apocrifi del Nuovo Testamento, secondo il filone francescano. Sono opere di un pittore itinerante rimasto ignoto, che li ha dipinti forse tra il 1460 e il 1475.  Una dozzina di questi affreschi sono leggibili o si intuiscono.
Dopo il primo ampliamento si dipinse un ciclo sulla Passione (posto al di sopra delle sequenze sulla Madonna) e il Giudizio Universale, con un cambiamento traumatico che rivela il passaggio dalla dolcezza alla drammaticità, secondo un’evoluzione del concetto religioso.  Si passa così dalla gioiosa cappella della Madonna e del Natale alla realtà salvifica attraverso la Croce e il Giudizio finale.
Nel secondo e ultimo ampliamento (1695) la cappella venne trasformata e ridotta allo stato attuale per favorire il culto dell’aumentata popolazione, ma compromettendo un’opera d’arte.
I recenti restauri, iniziati nel 1998 ed ultimati nel 2000, per il grande giubileo, oltre al recupero della decorazione pittorica, hanno riportato alla luce la sagoma dell’abside, un tempo parte della cappella originaria e tratti di fondazioni appartenenti ad un’ampia costruzione preesistente, forse un “mansio” di epoca romana cioè un punto di sosta lungo la strada pedemontana che attraverso cortine boscose  (da cui l’espressione medioevale di S. Maria del Bosco), conduceva da Boves a Peveragno. Hanno inoltre riportato in maggiore evidenza la centralità dell’altare lasciando pienamente integre le pitture in tutto il loro sple
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Le origini
Riguardo alle  origini del Santuario di Madonna dei Boschi, vi è molta incertezza. La tradizione locale lo dice opera di monaci, ma l’asserzione non ha fondamento e dai documenti non risulta che vi abbiamo dimorato dei religiosi.
La costruzione va inquadrata piuttosto nel clima della devozione mariana che nei secoli XII-XIV era già assai viva nella plaga cuneese. La prima notizia della sua esistenza fu trovata in un documento del 9 febbraio 1261: si trattava di una donazione a favore  “… dell’opera  di S. Maria nel Bosco…”. Il termine usato di “opera” sembra indicare che a quella data si stava lavorando per la costruzione della cappella, eretta tra i castagneti che si estendevano fino al Colla. Forse da questo fatto la Chiesetta fu denominata ”Madonna dei Boschi”, mentre la regione che le sta attorno prese il nome di “Roncaia” per le numerose vigne coltivate sul pendio soleggiato. In gergo locale la vigna era detta “ronco”. Roncaia vorrebbe dire “frazione con numerose vigne”.
Sulla stessa strada, poco tempo dopo, sorgerà la piccola cappella di S. Francesco per segnare “un patto di pace” concluso, dopo sanguinose liti tra la popolazione della pianura e la gente della montagna, per la proprietà e l’uso dei pascoli sulle pendici della Bisalta.
Erano queste le “Cappelle Rogazionali. I fedeli pervenivano processionalmente in varie ricorrenze di feste religiose o di momenti di particolare necessità per implorare aiuto e protezione.
Molte di queste chiese, con l’andare dei tempi, saliranno di ruolo e diventeranno il centro della vita parrocchiale; altre, invece, rimarranno allo stato di semplici cappelle od oratori.

La genesi: dalla cappella primitiva all'attuale struttura architettonica.
Le tesi precedenti al restauro.

Era  un vano di 9 metri di lunghezza per 5,20 metri di larghezza e l’ingresso s’affacciava lungo la vecchia strada per S. Giacomo.
La cappella prendeva luce da quattro finestrelle  aperte sotto il soffitto a botte fatto con pietrame. La sequenza degli affreschi della storia della Madonna  iniziava sulla destra della porta con la scena di Gioachino respinto al tempio.
Sul lato sinistro della primitiva cappella vi sono i sei affreschi che descrivono  la nascita e l’infanzia di Gesù. Verso la metà del 1500 la cappella ebbe il suo primo ampliamento per una lunghezza di metri 7 sulla stessa linea del fabbricato.
Accanto alla cappella sorgeva la grande costruzione dell’opera degli Esercizi Spirituali: un caseggiato contenente una trentina di celle, ove in due turni, i sacerdoti e i laici, annualmente, erano accolti per i corsi di Esercizi. Essa, sostenuta da un grosso lascito di un abate, continuò la sua attività, spesso interrotta da vicende politiche dei tempi, fino al tardo 1800.
I nuovi elementi venuti alla luce
Diversi elementi, inerenti alla primitiva struttura architettonica, sono venuti alla luce durante i restauri che si sono fatti nel 2000. A causa dello smantellamento della pavimentazione è affiorata  la base dell’antica abside, di epoca romanica, che fu abbattuta quando si decise di ampliare la cappella alla fine del 1600. Sbagliata sembra quindi la tesi  di più studiosi che collocavano in questo luogo l’ingresso della primitiva  cappella; ad essa si accedeva da una porta laterale tuttora visibile che venne in seguito murata.
I posti a sedere per i fedeli non occupavano il centro della navata, ma erano sistemati lungo le pareti, proprio sotto gli affreschi che le decorano. Tra di essi mancano due episodi molto importanti, lo “ Sposalizio della Vergine” e “ L’Annunciazione”, la cui collocazione resta tuttora un mistero. Secondo una disposizione logica  dovevano trovarsi sulla parete in fondo, di fronte alla zona absidale in cui era sistemato l’altare e furono eliminati quando, nel 1500, si ampliò l’edificio per la prima volta. Curioso resta il fatto che non si siano trovati frammenti di tali affreschi, come è successo per quelli contenuti nell’abside: sembra quasi che sia stata rimossa un’intera parete. La cosa non deve stupire poiché era usuale, per evitare la distruzione di taluni bei affreschi, trasportare via l’intero muro  per collocarlo in altro luogo.
Questa, comunque, per il momento è solo un’ipotesi.
Quando nel 1500 venne eretto il nuovo vano si cambiò disposizione all’ingresso e lo si collocò dov’è attualmente. L’affresco del “Giudizio Universale” fu quindi pensato in relazione a tale porta che inizialmente era molto più ampia, presumibilmente ad arco, e fu rimpicciolita alla fine del 1600.
 Dietro l’abside della cappella vi era un cimitero, rimasto in uso probabilmente fino alla fine del 1600 e in seguito bonificato per permettere il terzo e ultimo  ampliamento. Infatti durante gli scavi sono affiorati alcuni scheletri, che verranno analizzati per avere nuove informazioni circa tali persone. Ma il fatto più strabiliante di questi scavi è stato il ritrovamento  di un muro di epoca romana  situato dietro la zona absidale. Ancora non è possibile dire con esattezza di che edificio si trattasse, se di carattere religioso o privato. Da quel poco che si può vedere sembra che avesse una pianta complessa, ossia formata da tanti vani. Molto probabilmente la cappella duecentesca fu eretta sopra le sue fondamenta.
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La cappella nella sua forma primitiva
Primo ampliamento della cappella
Verso la metà del 1500 la cappella ebbe il primo suo  ampliamento per una lunghezza di metri 7 sulla stessa linea del fabbricato. L’altare venne sistemato dove ora c’è la porta d’ingresso, ricavando un discreto “presbiterio” chiuso dalla balaustra all’altezza di una cancellata in ferro. Il muro venne demolito per attuare il primo prolungamento della cappella, scomparvero così gli affreschi che continuavano la storia della Madonna, che dovevano presentare lo sposalizio della Vergine, e nel centro come pala d’altare l’Annunciazione. La volta e le pareti furono affrescate con una grandiosa composizione di  figure  arieggianti, il Giudizio Universale di Michelangelo della Cappella Sistina, che a Roma era stata aperta al pubblico per la festa di ognissanti del 1541.
​

Dopo varie e minuziose ricerche, il prof. Mario Perotti giunse alla conclusione che l’artista che ci lasciò questo capolavoro è Giacomo Rossignolo, nativo di Livorno-Ferraris conosciuto pure col nome di Giacomo delle Grottesche. Andò a Roma a perfezionare la sua arte al fianco di Raffaello e di Michelangelo e per la sua bravura diventò  pittore presso la Corte di Emanuele Filiberto e di  Carlo Emanuele.
Giunse a Boves chiamato dal Pievano don  Giovanni Maria Pellegrino, il parroco che ravvedutosi dalla eresia calvinista ed abbandonata la professione di notaio “era consacrato prete” dal Vescovo di Mondovì ed in seguito gli veniva affidata la cura pastorale della parrocchia di Boves.
Forse per la  sua cultura e la preparazione umanistica, scelse e commissionò al Rossignolo questo tema pittorico, un po’ insolito per un paese com’era il nostro e molto diverso dagli affreschi già esistenti che, nella primitiva cappella, piamente presentavano “la Storia della Madonna”.
La data degli affreschi del Giudizio si può mettere tra il 1565 ed il 1575. E’ da notare che il Concilio di Trento aveva  sancito norme severe, vietando pitture di nudi sconvenienti negli edifici sacri.
Ma nei nostri paesi le disposizioni conciliari non ebbero effetto immediato: mentre a Roma, il “Braghettone” stava già lavorando per coprire i nudi del “Giudizio di Michelangelo”.
In un’altra pubblicazione cercheremo di completare questi accenni  sul giudizio finale di Madonna dei Boschi che è sempre per i visitatori della cappella motivo di intensa meraviglia.
 
Secondo ampliamento 
La cappella ebbe il suo ultimo ampliamento nel 1695. Fu un’opera non felice per la struttura dell’edificio già esistente, ma richiesto dall’aumentato numero dei frazionisti.
La cappella venne trasformata e ridotta allo stato attuale, portando l’altare al centro del nuovo vasto ampliamento e trasferendo l’ingresso sul lato opposto con notevole pregiudizio delle pitture esistenti.
Accanto alla cappella sorgeva la grande costruzione dell’Opera degli Esercizi Spirituali: un caseggiato contenente una trentina di celle ove, in due turni i sacerdoti ed i laici, annualmente, erano accolti per i corsi di Esercizi.
L’opera venne realizzata ed in seguito, sostenuta da un generoso lascito dell’abate don Giacomo Antonio Lingua di Mosso continuò la sua attività, spesso interrotta per le vicende politiche dei tempi, fino al tardo 1800.
La Cappella con il caseggiato necessitano di radicali ed intelligenti opere di restauro. Per ora si è provveduto alla totale sistemazione dei tetti.

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Il Santuario nel tardo cinquecento e la peste del 1630
Il cinquecento è periodo di fede vacillante, moralità decadente, pratica religiosa trascurata: ne sono un sintomo le condizioni di abbandono in cui sono lasciate le molte chiese locali.
La visita Apostolica di Mons. Scarampi, nel febbraio del 1583, trova il nostro Santuario in discreta situazione: vi si celebra la Messa nella festa dell’Assunta ed in altre occasioni, quando vi è comodità di sacerdote. Vi è inoltre l’abuso di portare i bambini morti senza battesimo e se emettono dalla bocca o dal naso sputi, bave o simili vengono battezzati. Riguardo gli arredi  c’è appena il necessario perché la chiesetta  possa essere adibita  al culto e vi si possa celebrare la Messa.
Nel seicento, che è il secolo della restaurazione cattolica, la devozione alla Madonna dei Boschi è propagandata dalla Confraternita della Crociata che la prima domenica di ogni mese è solita recarsi alla Cappella a scopo penitenziale.
Nell’estate del 1630 scoppiava anche a Boves la peste che Alessandro Manzoni ha descritto con tocco mirabile. Come negli altri paesi colpiti dallo stesso male, pure a Boves  si predispongono  le più rigorose norme di pubblica igiene  in modo di isolare il paese con una specie di cordone sanitario.   Nessun forestiero può entrare in Boves  senza bollette di sanità, nessun bovesano può lasciare il paese per recarsi in luogo infetto o sospettoso  sotto pena di dieci scudi d’oro; per gli appestati si costruiscono  in campagna a guisa di lazzaretto  capanne di frasche  e per i guariti e i sospetti si ordina la quarantena.
Il contagio inferisce  dal 1° agosto 1630 al gennaio del 1631 e non bastano a bloccarlo le delibere del Consiglio Comunale;  per questo si fanno preghiere  e voti a S. Sebastiano e a S. Carlo.
Il Pievano don Luigi Corsero, interprete della volontà comune dei bovesani, propone “alla magnifica comunità  che sarà cosa molto grata a Dio di far voto (!) alla Madonna Santissima di solenizar  annualmente la festa della Madonna della Neve  cadente il giorno 5 di agosto, acciò si degni intenerir per noi Gesù Cristo che si degni di preservar dal contagio.”
E il Consiglio unanime “messosi in ginocchione davanti al Crocefisso, a nome proprio e del pubblico ha fatto e fa vuoto di annualmente solenizar e santificar la festa sudetta della “Madonna della Neve”.
 
Più  tardi non mancherà il pittore  che con discreto pennello cercherà di rappresentare al vivo il dramma del paese in quel tempo di moria generale. Giacomo Vento di Mentone, infatti, compirà il quadro nel 1668 ponendo in alto la Madonna con sotto, ai lati, S. Michele e S. Sebastiano ed ai piedi il lazzaretto con la capanne,  i monatti che vanno in cerca degli appestati  e il carro con i cadaveri dei morti.
Verso la fine del secolo accanto alla Chiesa e in forma di convento  si costruisce   il fabbricato per gli esercizi spirituali. A pian terreno due tratti di portici disimpegnavano vari ampi locali, e al primo piano si svilupparono dei corridoi affiancati da numerose cellette, capaci di ospitare le persone che si raccoglievano per giornate di silenzio e di preghiera. Sul lato meridionale dell’ampio cortile l’edificio proseguiva in una manica minore usata dal contadino che curava i pochi campi  e boschi donati al Santuario.

Il santuario nel Settecento e le difficoltà dell'Ottocento
Il Settecento è il secolo d’oro della devozione alla Madonna dei Boschi, nella quale con apposito decreto vescovile si erige la Compagnia del Carmine. Oltre la devozione dei bovesani, a spingerli verso il Santuario della loro Madonna sono ancora le difficoltà del tempo: ora le febbri pestilenziali, ora  “gli influssi maligni” che nei primi decenni del secolo fanno numerose vittime in paese, ora le angustie  prodotte dalla carestia e dalla peste nera che falcidia le bovine nelle stalle dei contadini, ora i pericoli e le imposizioni dovute sopportare per causa bellica. Al centro dell’interesse è ora soprattutto l’opera degli Esercizi Spirituali.
Nel 1835 scoppia pure a Boves il colera morbus che dura pochi mesi, ma è assai violento. Per arginare la diffusione del male  è necessario istituire un lazzaretto alla Madonna dei Boschi: in quel frangente non mancarono preghiere e voti pubblici.
Negli anni seguenti si tennero regolarmente corsi  di Esercizi Spirituali.
Nel 1989 cessò l’uso di una parte dei locali utilizzati per la scuola elementare della frazione. Ora il complesso è stato ristrutturato ed è usato per incontri di vario genere, in particolare pastorali e culturali.
Dal 1998  al 2001 si sono realizzate radicali opere di restauro sia della chiesa che di tutta la struttura annessa. Nel 2000 è anche stato realizzato il nuovo altare in bronzo lucido, opera dello scultore Elio Garis.
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Affreschi e dipinti del Santuario

Ciclo pittorico sulla vita della Madonna
Dal fondo a sinistra appaiono: 
 
Gioachino cacciato dal tempio; 
Su uno sfondo di colline brulle, Gioachino sta per entrare nel tempio per offrire il suo dono: il sacerdote lo spinge lontano dicendogli: “Non è lecito a te fare offerta, perché non hai dato figli in Israele”. Gioachino mesto si ritira sul monte a pregare con la sposa Anna. La loro preghiera sarà esaudita con la nascita di Maria.
Tutto l’interesse dell’artista che dipinge è per i volti corrucciati dei due vecchi e per l’incrociarsi dei loro sguardi. Il resto della scena è appena accennata: semplicissima è l’architettura del tempio e a grandi tratti sono disegnati i vestiti ed i panneggi.
 
S. Gioachino che prega nel deserto. 
 
La preghiera di S. Anna.
 
La nascita di Maria:
La parte destra del quadro, purtroppo, è scomparsa per l’apertura di una finestra. La parte sinistra presenta Anna assistita dallo sposo Gioachino. La scena è ambientata in una camera nuziale dal grande letto sopraelevato alla moda fiorentina, in cui giace la puerpera in vestaglia da notte, il capo cinto dalle bianche bende della cuffia.
Oltre lo sguincio dell’arco si intravede l’ordito delle travature del soffitto in legno e, del pavimento, sono accennate le piastrelle dell’ammattonato. Nell’insieme si nota come il pittore intende ritrarre, con acuto senso della realtà, scenette della vita di ogni giorno.
 
La presentazione di Maria al tempio:
L’artista inserisce in questo quadro alcuni elementi architettonici che non sono di pura invenzione ma trovano una corrispondenza con alcune parti del castello sforzesco di Milano. Il tempio è presentato con maggior ricchezza di dettagli artistici. I volti dei protagonisti sono bellissimi, soprattutto quello della Vergine Maria. Vedi mani delicate, gesti mansueti su sfondi di cieli luminosi. Allora in questo  “acconto pittorico” che ha sapore trecentesco, la nuova culla del rinascimento, la si può notare nelle varie acconciature dei personaggi: la bionda portatrice dei colombi col suo vistoso copricapo; figurette marginali che segnano nella pittura un timido apparire della elegante nuova vita umanistica.
 
A scuola nel tempio educazione di Maria: 
La scena di Maria alla scuola del tempio è una gustosa narrazione copiata dal vero. L’istitutrice siede severa sulla cattedra con il flagello in mano. Le fanciulle, ai suoi piedi, studiano e recitano; ma è una classe di civettone: non pensano che a mettere  in mostra copricapi, scollature, vestiti eleganti. Solo la fanciulla Maria, in un angolo, studia, assorta e diligente nel suo vestito semplicissimo.

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A destra si possono ammirare:
 
L’incontro di Maria con la cugina Elisabetta: 
La scena è presentata in un ambiente  semplice e senza eccessivi particolari. Le due cugine, col volto carico di mistero per quanto portano nel seno, si abbracciano delicatamente. Gli occhi sembrano raccolti in umile gioiosa preghiera. I volti pieni di gioia contenuta e dignitosa.
Elisabetta  esclama: “Benedetta tu, tra tutte le donne…” Sul volto, segnato dall’età, affiora un dolce sorriso. .E Maria, in risposta esclama: “L’anima mia magnifica il  Signore…!” ed un raggio  di purissima luce le illumina il volto gioioso pieno di giovinezza.
 
La nascita di Gesù:
Qui si nota uno struggente segno di povertà: il Bambino nudo, è deposto sulla terra, fuori dal presepio secondo un’iconografia  fiamminga. Non compaiono Angeli o altri personaggi: ci sono Maria, che prega adorando,  e Giuseppe, che sembra incredulo davanti al fatto  che s’è compiuto. Egli con un ginocchio a terra, sta levandosi il copricapo per iniziare la sua preghiera.
Anche il paesaggio è estremamente semplice: sul lato destro il bue affonda il muso nella mangiatoia, mentre l’asinello erge il capo.
 
La circoncisione di Gesù:
La  scena è presentata con un realismo impressionante. Il sacerdote tiene in mano il coltello ancora macchiato di sangue; qualche goccia di sangue è scesa sulla bianca tovaglia e si nota sotto il piede sinistro del  Bambino circonciso.  Giuseppe tiene al fianco il fodero del coltello: era il padre che chiedeva la circoncisione del figlio per farlo entrare nel popolo eletto. Giuseppe però è pensoso; quasi smarrito e preoccupato prega con le mani giunte. Maria ha il volto raggiante di gioia mentre il Bambino Gesù con le braccia distese cerca protezione tra le braccia della mamma.
 
L’adorazione dei Re Magi:
Anche in questo quadro il pittore immagina l’adorazione dei Magi fuori della capanna, in un pianoro ai piedi di alcune collinette. Maria col Bambino e Giuseppe  stanno sul limitare della capanna ove restano gli animali alla greppia, nella chiarità madreperlacea di un mattino senza eguali.  In quest’aere, fermo nell’attesa di un grande evento, si libra, come fiammella opaca, l’angelo che annuncia la buona novella. I Magi giungono in uno sfavillio di costumi preziosi recando i doni al Bambino. A terra c’è l’oro di un drappo di porpora, Giuseppe già tiene nelle mani l’incenso, l’ultimo re sta per donare il vaso della mirra.
 
La fuga in Egitto: 
Nella fuga in Egitto il pittore riporta un particolare tratto dal testo dei Vangeli extracanonici apocrifi. Gesù in fasce libera  le braccia per  comandare all’albero di paglia di piegarsi, in modo che Giuseppe possa raccogliere i frutti e sfamare la famigliola che è in viaggio ormai da molti giorni.
Il paesaggio, con i suoi monti, è tipicamente piemontese. I volti pieni di rassicurante fiducia: l’asinello sembra sentire già un po’la fatica del cammino…L’accuratezza del disegno e la scelta dei colori fanno di questo quadro uno dei più riusciti componimenti dell’intero ciclo degli affreschi.
 
Gesù ritrovato tra i dottori nel tempio:
Il quadro è pieno di vita e di colore. Gesù fanciullo, sulla cattedra tiene ancora il libro sul braccio destro dopo le risposte date ai dottori della legge che restano stupiti per la sua sapienza. Col braccio
sinistro rivolto alla mamma Maria dà la misteriosa risposta alla sua domanda: “Perché ci hai fatto questo?” rispose “ Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?....”
La Madonna accoglie con dolce sorpresa queste parole, il volto di Giuseppe, invece, appare un po’ corrucciato e pensoso.Vicino alla zona absidale  vi è un tredicesimo affresco, sicuramente di un altro pittore, comprendente tre Santi rivolti verso l’osservatore, dei quali s’è conservato solo il volto di S. Francesco, le cui figure iniziano direttamente dal suolo per dare l’impressione di persone vive mescolate al gruppo dei fe
deli in piedi. Il ciclo iconografico raggiungeva così un doppio scopo: illustrare la vita di S. Anna, della Vergine Maria e di Gesù  e catechizzare il popolo analfabeta.
Il quadro dell’affresco, purtroppo, è stato deturpato con l’applicazione di due  mensole, di cui si nota il segno.

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Il giudizio universale
 Posto al di sopra  delle sequenze della Madonna ci sono delle lunette sulla Passione e il Giudizio Universale che occupano la zona d’ingresso, la parte più alta di una navata e la volta.
Si passa così dalla gioiosa cappella  della Madonna e del Natale alla realtà salvifica attraverso la croce e il Giudizio finale. Il grande affresco è attribuito a Giacomo Rossignolo di Livorno -Ferraris (VC), detto Giacomo delle Grottesche, che si perfezionò  a Roma alla scuola di Raffaello e di Michelangelo. Venne a Boves chiamato dal Pievano (Parroco) di Boves Don Giovanni Maria Pellegrino che gli affidò l’incarico  di eseguire il dipinto in conformità alla Cappella Sistina di Roma.
L’affresco si può far risalire al periodo tra il 1570 e il 1580.
L’autore ha unito a particolari incredibilmente fedeli all’originale romano, reminiscenze  della tradizione tardo-gotica locale ( l’enorme fauce spalancata di Leviathan che ingoia  una barca carica di dannati); al centro della volta campeggia il Cristo Giudice attorniato dalla Madre e dai Santi. Sulla sinistra, in basso, ci sono Adamo ed Eva nudi. Sulla parete di sinistra si possono osservare gruppi di figure relative alla resurrezione e ascesa in cielo (i beati) e su quella di destra i condannati all’inferno.
Tra i soggetti che ricalcano pressappoco  le scene della Cappella Sistina si notino, oltre il gruppo centrale  con il Cristo, il dannato che si copre un occhio, Caronte e la barca dei dannati, gli angeli che suonano le trombe della resurrezione, il gruppo con teschio e risorti, la croce di Cristo e la colonna del tempio trasportata in cielo. Ma soprattutto è stata ricalcata  la drammaticità dell’evento straordinario, con sensazioni di allucinante tragicità oppure di sublimi apoteosi.
Anche l’affresco della volta centrale appartiene al secondo ciclo pittorico.  Vi è raffigurato il sudario con il volto di Cristo in un  sole raggiante. Sulle pareti, al di sopra i dipinti della Madonna, sono state raffigurate, tra l’altro, l’ultima cena e scene della Passione e Crocifissione del Signore.
 
Decorazioni seicentesche del presbiterio
La decorazione barocca della Madonna dei Boschi investe l’area del presbiterio e si snoda intorno all’altare ligneo, portandolo ad emergere sulla parete di fondo, nel mutuo richiamarsi del repertorio ornamentale in pitture e in scultura. Il loggiato aereo della volta guida l’osservatore  verso l’Incoronazione della Vergine, circondata da angeli musicanti e porgenti oggetti che alludono alle litanie del Rosario; la scelta di ornati  in stile Luigi XIV per i coretti e la cantoria ben si addice alla data 1694, dipinta nello squarcio della finestra esposta a nord-ovest. Sulle pareti laterali le anonime maestranze hanno dipinto finte statue  raffiguranti la Fede e la Speranza, la Carità e la Fortezza, affiancanti le campiture della Visitazione e dello Sposalizio della Vergine.
Sulla parete che ingloba l’altare, sopra le aperture che danno accesso alla sacrestia, compaiono due medaglioni con l’effige dell’Assunta e della Madonna della Neve, commentati  da elegie mariane, omaggio alla cultura seicentesca degli emblemi. L’altare ligneo di classica eleganza, impreziosito dalla delicata cromia in azzurro e oro, prossimo per cronologia agli interventi del 1662 attestati a livello documentario, accoglie il dipinto raffigurante i Santi Bartolomeo e Giovanni Battista: la tela presenta al centro un’apertura a nicchia che racchiude la statua lignea  della Madonna  col Bambino, risalente al 1628 e presumibilmente donata al Santuario  dall’alfiere Giovanni Giacomo Andreis. Sopra, una tela raffigurante Dio Padre benedicente.
Così in vari periodi della storia la cappella che era una cappella campestre, venne trasformata e  ampliata compromettendo alcune opere d’arte. Nel 1695 un grande portico ha completato l’opera attorno alla chiesa,  mentre accanto è sorto un ampio fabbricato per lo svolgimento “degli Esercizi Spirituali”.
Nel 2000 il Santuario e il caseggiato vengono completamente ristrutturati, facendo risaltare gli affreschi  nel loro splendore e mettendo l’ampio caseggiato nella sua vera luce.

Sito internet: www.madonnadeiboschi.com
 
 
IL SANTUARIO DELLA MADONNA DEI BOSCHI
Da la Guida Turistica di Giulio Chiapasco
Dal libro “Il Santuario di Madonna dei Boschi” di don Giorgio Pellegrino ed. Primalpe
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